BORGO SAN GIOVANNI-VERDI E PALA

TIPO DI BORGO — case coloniche \ b

progettista — Melchiorre Natoli \ Giovanni Imburgia

data di progetto — 1952 \ 1960

località — c.da verdi e pala

stato di conservazione — mediocre

Sin dalla fine degli anni Trenta del Novecento, il comprensorio di Petralia è interessato da vicende legate alla lotta per la terra. All’indomani del discorso di Mussolini sull’assalto al latifondo, i grandi proprietari siciliani promettono di costruire più di 600 case coloniche. Le famiglie Tasca, Boscogrande, Maiorca Pecoraro ma sopratutto gli Sgadari e i Pottino di Capuano sono i nomi che, per suggellare l’appoggio al fascismo, esprimono interesse al piano di appoderamento promosso dal duce. In realtà, si tratta di una visione egoistica mirata a mantere i privilegi acquisiti e della paura di incorrere nell’esproprio di grandi porzioni di territorio che garantiscono potere e stabilità.
In questo contesto socio-economico, alla fine della seconda guerra mondiale, si sviluppa uno dei più importanti e organizzati movimenti di lotta contadina, guidati sulle Madonie da Epifanio Li Puma, esponente del Partito Socilista, sindacalista antifascista, iscritto alla CGIL, capolega dei mezzadri e braccianti senza terra. Li Puma è determinato e irriducibile nella promozione dei diritti dei lavoratori contro gli agrari, eversori della legalità. Grazie al suo impegno, nel luglio 1946, vengono costituiti i primi consigli del feudo e nasce la Cooperativa “Madre Terra” che raccoglie circa 500 contadini. Una delle prime azioni è la protesta di non coltivare sino a quando i padroni non si decideranno a eseguire i dettami dei Decreti Gullo che distribuiscono i terreni incolti o mal coltivati alle cooperative. Questa presa di posizione non è gradita dai grandi latifondisti, tra cui gli Sgadari e i Pottino che, nel 1947, dopo l’occupazione di alcuni fondi, minacciano apertamente il movimento e il suo capo. Il 2 marzo 1948, Li Puma è in contrada Alburchia, a Petralia Soprana, insieme a due dei suoi figli, Santo di 19 anni e Giuseppe di 13 anni. Durante la giornata di lavoro, sono raggiunti da due uomini a cavallo che, dopo alcune domande, imbracciano un fucile e aprono il fuoco contro Li Puma che cade a terra. Santo e Giuseppe corrono a chiedere aiuto ma per il sindacalista non c’è nulla da fare; morirà davanti agli occhi impauriti e inermi dei suoi due figli poco dopo (leggi di più). Questo è lo scenario di lotte asprissime tra contadini e agrari, tra Stato e mafia, tra indipendentisti e repubblicani che porteranno in Sicilia a una controversa e intricata storia del secondo Novecento.
All’interno degli 80.530ha del consorzio di bonifica Cuti-Ciolio-Monaco-San Nicola, l’Ente di Riforma Agraria per la Sicilia (ERAS) programma negli anni Cinquanta la costruzione di diversi centri di servizio. Oltre ad alcune scuole nelle contrade Mandralisca (piano di ripartizione o PR 127), Scacciaferro (PR110), Casale (PR85), Bordonaro (PR202), Polizzello (PR384), l’Ente prevede anche due borghi del tipo B nelle contrade Casalgiordano (PR404) e San Giovanni-Verdi (PR15a/b), quest’ultimo progetto affidato all’ingegnere palermitano Melchiorre Natoli, giusta lettera d’incarico n.21638 del 17 dicembre 1952. In applicazione alla Legge n.104/1950 sulla Riforma Agraria, l’ERAS procede allo scorporo di 491ha di terreno nella zona di Petralia, suddivisi in 128 lotti, e alla realizzazione di 80 case in modo da garantire e «migliorare le condizioni di vita» degli assegnatari e consentirne il trasferimento stabile.
Conformemente alle direttive per un borgo di tipo B, dettate dal Decreto Interministeriale 11255/1941, Natoli progetta una chiesa con canonica, una scuola con due aule ed alloggi per gli insegnanti, una trattoria-locanda, le botteghe artigiane, l’ambulatorio medico, la delegazione municipale, la caserma dei Carabinieri, la collettoria postale ed i rispettivi alloggi. Si chiede anche lo studio per l’acquedotto e per la strada di allacciamento con la provinciale Ganci-Bompietro, allora in costruzione.
La data ultima per la consegna dell’elaborato è fissata al 28 febbraio 1953, oltre la quale l’incarico «si riterrà revocato senza alcun diritto, da parte della S.V. a compensi e indennizzi di alcun genere». In base al contratto, l’ERAS si impegna a pagare a Natoli il 70% alla presentazione del progetto ed il restante 30% dopo l’approvazione da parte del Provveditorato alle Opere Pubbliche. Tuttavia, il 16 gennaio 1953, il progettista chiede un anticipo di 200.000Lire sul proprio onorario; questo non è che il primo atto di una serie di problemi relativi al suo compenso.
Il 27 marzo, il progetto arriva al Provveditorato alle Opere Pubbliche per l’approvazione e l’Ente di Riforma lo accoglie con la deliberazione n.63 del 23 luglio. L’importo totale delle opere ammonta a 144.000.000Lire, spesa ritenuta eccessiva dal Genio Civile che, valutato l’elaborato con nota n.28559 del 23 novembre, restituisce l’intera documentazione a Natoli «facendo presente l’antieconomicità degli edifici e strade». In particolare, l’Ingegnere Di Lorenzo, firmatario della relazione provveditoriale, fa notare come sia poco adatta «la prevista copertura a terrazza degli edifici […], i quali dovranno sorgere in una zona alquanto elevata». Risulta, inoltre, eccessivo il costo della strada di accesso la quale

per una lunghezza di circa 905metri, ammonta a 30.451.643Lire che, per altro non trova esatta corrispondenza nel riepilogo, e della formazione del piano del borgo e dei lavori accessori, tutto ciò dovuto a larghe previsioni in parte superflue [...]. I prezzi di alcune categorie di lavori e forniture, sono elevati, come per esempio scavi, rilevati, cilindratura del pietrisco, persiane, vasche da bagno, ecc. Sembra inoltre opportuno limitare l'impiego del marmo al puro necessario, e senza ricorrere all'impiego di marmi speciali, trattandosi di fabbricati a carattere rurale. Non risulta poi chiara la provenienza dell'energia elettrica per l'illuminazione, tenuto conto che sono stati previsti gli impianti interni nei fabbricati progettati.

Seguendo le valutazioni del Genio Civile, il 19 gennaio 1954 il Capo Servizio dell’ERAS Ing. Abbadessa comunica a Natoli di rielaborare il progetto e di sottoporlo al proprio ufficio prima del «definitivo perfezionamento».
Nella seduta del 25 luglio 1957, il Sottocomitato Tecnico per la Riforma Agraria (S.C.T. R/A) con voto n.222 respinge ancora una volta il progetto di Natoli e lo rimette all’ERAS per incongruenze tecniche. L’Ente con deliberazione n.1283/R.A. approva il nuovo lavoro del 25 settembre 1958 a firma Natoli per una spesa complessiva di 112.517.300Lire. Si tengono conto le osservazioni del S.C.T. R/A e si sostituiscono alcuni fabbricati con altri che, per destinazione, risultano più consoni alle esigenze degli assegnatari ed «allo spirito della Riforma». Nuovamente, il S.C.T. R/A con voto n.521 del 23 gennaio 1959, pur approvando in linea tecnica il nuovo progetto, lo rigetta obiettando che i «prezzi unitari […] risultavano alquanto elevati e che agli stessi poteva essere apportata una riduzione del 20%». L’Ente, dunque, constata che il ribasso dei prezzi è «inferiore a quello di uso corrente» ed informa l’8 febbraio 1960 l’Assessorato Agricoltura e Foreste che dispone con lettera n.2026 R.A. del maggio successivo che:

il progetto era da modificare conformemente al voto del Sottocomitato Tecnico Amministrativo; per ogni progetto, e quindi anche per quello in argomento, doveva essere redatta l'analisi dei prezzi unitari, tenendo conto di volta in volta dei prezzi elementari dei materiali, dei mezzi d'opera, dell'incidenza dei trasporti, delle spese generali e degli utili dell'Impresa calcolati entrambi nella misura del 20%

In base a tali considerazioni, l’ERAS provvede alla rielaborazione del «preziario di progetto», tenendo presente che ad incidere maggiormente sulle spese è il trasporto dei materiali e che gli stessi prezzi non possono essere paragonati a quelli di altri progetti già approvati, data la distanza della zona dai principali centri di smistamento e rifornimento.
Nonostante sia priva di servizi essenziali, la zona di riforma è abitata da diverse famiglie di mezzadri, affittuari e piccoli coloni residenti che chiedono in tempi brevi la realizzazione del borgo rurale. Viene, quindi, deciso di affidare ad un professionista organico all’Ente la redazione di un nuovo progetto. La scelta ricade sull’Ing. Giovanni Imburgia, lo stesso che si è occupato di Borgo Filaga e della scuola di Borgo Aquila. Il 12 settembre 1960, è presentato l’ennesimo progetto che viene approvato dall’ERAS con deliberazione n.1413 del 30 settembre. La fondazione di Borgo San Giovanni-Verdi è prevista in una posizione baricentrica rispetto ai piani di ripartizione serviti e rispetto alle case di Contrada San Giovanni. Imburgia riduce il numero di edifici e mantiene la chiesa, l’asilo e la scuola con relativi alloggi, la sede cooperativa e un magazzino, gli uffici e lo spaccio. L’edificio religioso (19.958.609Lire) si compone di unica navata con presbiterio, abside, sacrestia ed archivio. Nel progetto è prevista, oltre alla canonica, anche un ampio salone per le riunioni delle associazioni. L’asilo-alloggio (14.939.701Lire), del tutto simile a quello di Borgo Runza o di Borgo Gurgazzi, comprende un ingresso, la segreteria, i servizi igienici e un corridoio di disimpegno. Tra il corpo asilo e l’abitazione dell’insegnante è ricavata un’ampia cucina con spazi a servizio del refettorio. L’alloggio si compone di un soggiorno ed una camera da letto con WC. La scuola (20.821.836Lire), orientata a S-E, si sviluppa su due elevazioni. Al piano terra si trovano due aule, ingresso, corridoio, servizi igienici e  l’ambulatorio medico, il cui accesso è indipendente. Al primo piano della struttura sono presenti due alloggi per gli insegnanti con ingresso, soggiorno, due camere da letto, cucina e WC. Anche l’edificio dedicato alla sede cooperativa, uffici, spaccio e magazzino (18.169.894Lire) è sue due elevazioni.
I materiali utilizzati provengono principalmente dalle cave di Bovolito, distante solo 3km così da abbattere i prezzi del trasporto. Relativamente al piano di espropriazioni, dalla relazione tecnica risulta una superficie di 32.571mq circa, ricadente sul foglio di mappa n.42 del Comune di Petralia Soprana. L’area è comprensiva delle zone di impianto dei «singoli fabbricati nonchè delle strade, piazze e della zona di rispetto al borgo stesso». In base alla normativa, il prezzo medio di espropriazione è di circa 55Lire per mq, relativamente ai terreni catastati come seminativi di I° classe e di 48Lire per mq per i terreni di II° classe. Dal piano particellare si rileva l’ammontare dell’indennità complessiva in 1.800.000Lire.
Il costo complessivo del progetto, secondo quanto avanzato da Imburgia, è di 107.415.000Lire suddivisi in 95.093.775Lire per i lavori a base d’asta e 12.321.225Lire per le somme a dispisizione dell’Amministrazione. Il nuovo elaborato porta ad un risparmio sostanzioso, calcolato in 7.842.467Lire pari al 7,62% dell’importo iniziale.
Il 10 marzo 1961 con voto n.917, il Sottocomitato Tecnico Amministrativo per la Riforma Agraria esprime, finalmente, parere positivo e decide che per «l’esecuzione dei lavori sia esperita la licitazione privata». Secondo quanto definito dallo stesso voto, il tempo utile per l’ultimazione dei lavori è fissato in venti mesi a partire dalla data di consegna all’impresa da pagare con rate da 8.000.000Lire. Il 2 maggio successivo arriva anche il Decreto Assessoriale n.6056 con cui si approva la costruzione di Borgo San Giovanni-Verdi ed in cui, all’art.2, si dichiara che l’esecuzione dei lavori è «indifferibile e urgente ai sensi e per gli effetti dell’art.71 della Legge 25 giugno 1865, n.2359». È stabilito, inoltre, che i lavori debbano rientrare nei fondi messi a disposizione dalla Cassa per il Mezzogiorno in modo del tutto simile ai finanziamenti previsti per Borgo Ficuzza, Borgo Pasquale e Borgo Callea.
In definitiva si può riassumere che il progetto per il centro madonita abbia avuto almeno tre versioni: la prima è quella di Natoli, che l’ERAS in seguito adatterà per un centro di tipo medio da sorgere in località Musa, nei pressi di Nissoria, per conto del Consorzio Gagliano Castelferrato – Troina. Le altre, a firma Imburgia, nonostante i pareri favorevoli dei comitati tecnici, le revisioni dei prezzi e gli adattamenti non saranno mai compiuti.
Grazie alle mappe ERAS, è possibile tuttavia fornire l’esatta posizione che il borgo rurale San Giovanni – Verdi avrebbe avuto se i lavori fossero partiti.
Le case per assegnatari di Borgo San Giovanni-Verdi, per la loro ubicazione favorevole e per la vocazione agricola del territorio, come detto, hanno sempre ospitato famiglie di contadini. Appena affidate e quando ancora il progetto per il centro rurale era in fase di definizione, Maria La Placa, insegnante elementare di Petralia, avanza richiesta al Provveditorato agli Studi di Palermo relativa ad «ottenere la apertura di una scuola sussidiaria presso il nuovo borgo». La sede zonale del paese madonita con nota n.261 del 29 settembre 1955, cercando di andare incontro alle necessità educative dei 13 bambini residenti nelle case per assegnatari, chiede alla sede centrale dell’ERAS «l’approvazione per l’apertura della scuola citata […], concedendo una casa tipo rifugio, delle due (16-18) non assegnate, per adibirla ad aula scolastica». La richiesta è accolta tanto che, negli ultimi mesi del 1957, l’Ente chiede al Provveditorato agli Studi la riapertura della piccola scuola così da permettere ai numerosi alunni, figli degli assegnatari residenti, di frequentare le lezioni ed evitare di dover raggiungere la scuola statale nella vecchia Borgata Verdi.
Il 19 ottobre 1956 si aggiunge alla comunità di Borgo San Giovanni-Verdi un nuovo arrivato, il figlio di Antonino Spitale e Maria Macaluso. La lettera di Spitale giunge sulle scrivanie del Direttore Generale Arcangelo Cammarata e del Presidente Emilio Zanini i quali con delibera 1148/R.A. del primo dicembre decidono di donare 10.000Lire per festeggiare il primo nato del nuovo centro.

BORGO PALA

All’interno del raggio di influenza di Borgo San Giovanni-Verdi e nel piano di ripartizione 15b ricadono le case coloniche di Contrada Pala-Pira. A completare il programma di riforma, sarebbe stato un ulteriore agglomerato residenziale non realizzato nella contrada Zimmara.
Disposte lungo il tronco D della nuova strada di riforma, le abitazioni di Borgo Pala — indicato così anche sulle carte IGM25.000 — si basano sui due progetti sviluppati da Eustachio Abbate del Servizio di Ingegneria dell’ERAS e progettista dei servizi di Borgo Garbinogara. Alcune abitazioni sono del tipo n.9 con muri da 25cm. per una superifice coperta di 83mq., formate da due camere e servizi, una stalla, il porcile ed il pollaio. La cucina, ampia con armadi a muro, aperta sopra un piccolo portico anteriore, è dotata di forno. Le due camere da letto sono grandi e bene illuminate, aspetto fondamentale per una piccola dimora rurale. La stalla, per tre capi, è preceduta da un portico-erbaio. L’edificio, seppure piccolo e modesto, è ben studiato e «adatto a piccolissime aziende integrative del reddito familiare». Le altre abitazioni sono del “tipo rifugio A” con muri da 50cm, per una superificie coperta di soli 55mq. Queste strutture sono da considerarsi più che una vera e propria casa quanto un riparo per i lavoratori. 
Il 13 agosto 1959, la Legione Territoriali dei Carabinieri di Palermo chiede all’ERAS una delle case coloniche per l’installazione di una squadriglia così da controllare capillarmente il territorio di Casalgiordano, S. Giovanni, Raffo, Acquamara e Scarpella. L’Ufficio Tecnico dell’Ente comunica con nota n.70723 del 9 settembre che tutte le abitazioni risultano consegnate agli assegnatari interessati e, per quanto «in atto possa risultare non permanentemente occupata», la casa indicata dal Comandante dell’Arma Fortunato Messina non è disponibile.
Per la fornitura di energia elettrica delle abitazioni del comprensorio, l’ERAS si affida alle competenze dell’Ing. Salvatore Lauria che il 15 dicembre 1965 redige la relazione tecnica. Soggette al piano sono le località di Garbinogara, Cammisini, Burgitabis, Canne, Cozzisecchi, Verdi e Pala. I lavori sono approvati con D.A. n2755/R.A. del 23 marzo 1967 per un importo complessivo stanziato di 152.000.000Lire di cui 136.965.518 per lavori a base d’asta e 15.034.482 per somme a disposizione dell’Amministrazione. Il 6 giugno, la SITEC di Roma si aggiudica i lavori grazie ad un offerta al ribasso dell’11,29% sui prezzi elementari previsti in progetto, facendo scendere i costi a 121.502.111Lire così come indicato dalla nota n.57841 del 6 settembre successivo emessa dall’ESA. In base al contratto, la SITEC è obbligata a eseguire i lavori alle condizioni del Capitolato Generale di appalto per i lavori pubblici approvato con DPR n.1063 del 16 luglio 1962 ed in uniformità con il Capitolato Speciale di appalto allegato al contratto. La realizzazione delle opere deve essere ultimata entro dieci mesi dalla data del verbale di consegna e in caso di ritardata ultimazione dei lavori è «applicata una penale di 5000Lire per ogni giorni […] oltre al rimborso delle maggiori spese per amministrazione, assistenza, direzione e sorveglianza». È incaricato il Geom. Augusto Mancinelli come procuratore speciale per conto dell’impresa romana, in base alla lettera di incarico n.545734 del 13 giugno, per tutti i procedimenti inerenti a consegna, collaudo e verifiche di vario tipo. Il 26 settembre 1967 è stipulato il contratto tra ESA e SITEC e circa un mese dopo, il 25 ottobre, si procede alle operazioni di consegna alla presenza di Mancinelli e di Lauria. Il termine utile, quindi, per la ultimazione dei lavori è fissata il 25 agosto. Poco prima della fine del contratto, la SITEC chiede ed ottiene una proroga di due mesi così come riporta la nota n.2/173/UTL dell’8 agosto.
Ad ottobre, però, i lavori sono interrotti a causa dell’opposizione di un proprietario dei terreni attraversati dalla linea elettrica per il quale

non è stato provveduto alla redazione del verbale di consistenza poichè si è dovuto procedere ad uno spostamento del tracciato previsto a causa dell'interferenza con la costruenza autostrada [Palermo-Catania, n.d.r] e relativi svincoli.
[Si ordina] all'Impresa SITEC di sospendere i lavori medesimi che saranno ripresi non appena esperita la pratica espropriativa.  

Il 25 novembre successivo e nonostante lo stop di 48 giorni, i lavori riprendono e la SITEC consegna le opere di elettrificazione delle diverse contrade madonite il 12 dicembre non incappando nelle ammende citate in precedenza.
In corso di esecuzione, numerosi sono stati i lavori in economia eseguiti per un ammontare lordo di 351.032Lire come risulta dalle liste settimanali. Inoltre, sono state apportate alcune variazioni rispetto al progetto originario, contenute tuttavia entro i limiti in «facoltà della Direzione dei lavori». Lo stato finale, redatto il 2 maggio 1969 a conclusione delle opere, indica una spesa complessiva netta di 115.795.220Lire suddivisi in 113.620.910Lire per i lavori a misura, 311.400Lire per i lavori in economia e 1.862.910 per i compensi a corpo. A questi vanno sottratti i certificati di acconto emessi per 107.600.000Lire che danno un credito netto all’impresa di 8.195.200Lire.
Oggi a Borgo Pala e a Borgo San Giovanni-Verdi, le case sono state trasformate in dimore estive, altre sembrano fungere da pagliai ed altre ancora sono abbandonate. È un esempio paradigmatico che ben rappresenta le potenzialità non del tutto sfruttate dei paesi delle Madonie, certo volano di turismo sostenibile e consapevole che però non trova reale applicazionecon conseguente impoverimento e perdita di risorse umane e saperi.