BORGO ANTONIO CALLEA

TIPO DI BORGO — a

progettista — Pietro Ajroldi

data di progetto — 1941

località — c.da sparacia

stato di conservazione — ristrutturato

Borgo Callea si trova al centro della Valle del Tumarrano nel territorio di Cammarata, piccolo paese della città metropolitana di Agrigento.
La storia inizia nel 1934 quando l’Ente Vittorio Emanuele III per il Bonificamento della Sicilia, istituito con R.D. n.2110\1925, decide di acquistare il fondo di Sparacia che fino a quel momento era caratterizzato da una coltura prettamente cerealicola ed, attuando le direttive del R.D. n.215/1933 in materia di Bonifica Integrale, inizia le opere necessaria per il miglioramento fondiario. Viene presentato un nuovo patto colonico «in linea con l’annunciata politica agraria del regime», affidati poderi ai coloni e realizzata un’azienda sperimentale rilevata dall’Opera Pia asili rurali e urbani di Palermo, divenuto Ente Morale con R.D. n.226 dell’11 giugno 1896, usufruendo dell’eredità messa a disposizione dal Senatore Tommaso Manzoni del valore netto di circa 810.000Lire. Secondo quanto riportato da Alfio Grasso, i terreni dell’Azienda Sparacia furono ricavati, dunque, dall’

utile dominio dell’Opera Pia asili rurali e urbani di Palermo che l’aveva ceduta in enfiteusi a una cooperativa, la quale l’aveva ripartita in circa 700 quote e assegnato a circa 160 terraggeri. All’atto dell’acquisto l’Istituto intervenne, in favore dei terraggeri, per sanare situazioni debitorie pregresse e abbonare il canone dell’annata agraria 1934-35, nonché per rateizzare altri debiti gravosi che i medesimi terraggeri avevano nei confronti della cooperativa e dell’esattoria per la somma di L. 93.000

Tra il 1936 e il 1937, l’Ente VEIII pubblicò i risultati sulle campagne di esplorazioni geoidrologiche in Sicilia ed il volume “Centri Rurali” che teorizzava le principali linee guida riguardanti i modi e i tipi di realizzazione degli stessi. Nella prefazione al testo, il sottosegretario alla bonifica integrale Giuseppe Tassinari sottolineava l’importanza degli studi condotti in materia di bonifica da Guido Mangano — direttore dell’Ente — secondo cui «non si può parlare di bonifica integrale […] se nella profonda trasformazione che questa implica, non si riporta l’uomo a contatto con la terra». Perchè ciò avenisse, fu imprescindibile la creazione di centri rurali che non sarebbero dovuti rimanere abbandonati al loro isolamento e che avrebbero dovuto accogliere «le istituzioni fondamentali per la vita civile». Affiancate alle linee teoriche, quelle pratiche indicavano le tecniche costruttive e i tipi di materiali da impiegare nella costruzione dei villaggi piccoli, medi e grandi, indicati in seguito dall’Ente di Colonizzazione e dall’Ente di Riforma Agraria anche come A, B e C.
In “Centri Rurali”, Mangano non parlava ne di Borgo Sparacia ne di Borgo Callea ma citava la fondazione del primo centro rurale della Sicilia che, sottolineava, «mi lusingo di veder sorgere presto, sopra una collinetta che abbiamo battezzato Poggio Benito». L’auspicio di Mangano era quello di assistere ad uno sviluppo graduale del centro, diversamente da ciò che avvenne per quelli «costruiti in questi ultimi anni in Sicilia divenuti fin dal primo giorno ricoveri di pipistrelli». Il riferimento era agli «infelicissimi» villaggi operai eretti dal Provveditorato OO.PP. — il riferimento è a Borgo Regalmici, Borgo Sferro, Borgo Filaga e a Borgo Littorio — che non furono «mai utilizzati in un modo qualsiasi ne come villaggio operaio durante i lavori stradali in occasione dei quali furono costruiti, ne tanto meno più tardi come gruppo di abitazioni coloniche».
Poggio Benito sarebbe sorto in località Pezza Rotonda a 426 m s.l.m. su progetto curato dall’Ente per conto del Consorzio di Bonifica del Tumarrano e rientrava nei lavori relativi al piano generale di bonifica redatto il 18 novembre 1935 dall’Ing. Filippo Pasquini che in epoca ERAS divenne dirigente dell’ufficio gestione borghi. Il progetto del centro non andò oltre la fase di studio mentre prese campo l’idea di realizzare un Borgo in C.da Sparacia, più grande e con maggiori servizi. Ad essere incaricato del nuovo progetto fu Pietro Ajroldi, uno dei giovani e promettenti architetti dell’epoca, che presentò una prima stesura all’Ente VEIII.
Analizzando l’assonometria si ricava che la disposizione degli edifici di Borgo Sparacia ricordava da vicino Littoria, oggi Sabaudia, inaugurata il 21 aprile 1934 in Agro Pontino, in attuazione del progetto di Bonifica Integrale che vide sorgere un complesso sistema di borghi e case coloniche in tutto il Sud del Lazio. Il progetto per il nuovo centro rurale romano, curato dagli architetti Gino Cancellotti, Eugenio Montuori, Luigi Piccinato e Alfredo Scalpelli, presentava «la torre civica con l’arengo, visibile da molto lontano, dominante la piazza del Municipio e la pone in relazione con un secondo spazio che si apre verso il monte Circeo e che forma con il primo un sistema a forma di L. Il complesso della Chiesa costituisce un organismo autonomo e resta appartato» (continua a leggere). Diverse sono le analogie del progetto di Ajroldi per Borgo Sparacia: la chiesa, autonoma e contrapposta alla piazza istituzionale, si affacciava sul viale in cui sarebbero sorti gli alloggi di servizio. La torre, simbolo del potere politico, si sarebbe trovata sulla piazza principale sede della scuola, della casa del fascio e della sala delle adunate.
Il 2 gennaio 1940, secondo la Legge n.1 sulla colonizzazione del latifondo, l’Ente VEIII che fino a quel momento aveva seguito il progetto di Borgo Sparacia cessò di esistere e venne assorbito dall’Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano (ECLS), che «gli succede nei diritti patrimoniali e in generale in ogni rapporto attivo e passivo». L’ECLS sembrò voler privilegiare all’atto della propria nascita altri borghi: gli otto della prima serie che sorgono in tutte le province dell’isola eccezion fatta per quella di Ragusa, accantonando momentaneamente l’idea di un borgo rurale nel Tumarrano. In provincia di Agrigento, sorse Borgo Bonsignore nei pressi di Ribera, mentre per l’annata 1940 – 1941 si preparava la seconda serie di centri agricoli. Solo in questa fase, nonostante lo stato di guerra, l’ECLS persisteva nella sua opera di appoderamento e assalto al latifondo, riproponendo il progetto già redatto da Ajroldi.
Va detto che rispetto alla prima stesura, l’architetto palermitano dovette rivedere diverse volte l’impianto e la disposizione degli edifici. Nel suo testo sui borghi della Sicilia occidentale, Tiziana Basiricò descrive in modo attento le diverse evoluzioni:

Il progetto originario del borgo, ancora denominato nei disegni Borgo Sparacia, prevedeva un impianto fondato su un asse stradale centrale culminante alle due estremità con due piazze, quella del potere politico, con la casa del fascio, la sala delle adunanze, la scuola e la trattoria, e quella del potere religioso ove prospettava la chiesa con annessa canonica. Lungo l’asse che congiungeva le due piazze erano disposti poi, perfettamente allineati su un solo lato della strada, l’edificio comprendente l’ufficio postale e la caserma dei carabinieri, l’edificio dei negozi e l’edificio per gli uffici dell’Ente. Dall’altro lato della strada trovava posto, invece, solo una doppia fila di alberi che accompagnava prospetticamente alla chiesa posta in asse ed alla fine del lungo viale. Particolarmente rilevante in tale impianto era la posizione dell’ingresso al borgo, decentrata e laterale, pensata per un accesso diretto alla piazza principale, quella del potere politico, perfettamente in asse con la torre littoria posta sullo sfondo. L’ingresso, inoltre, doveva avvenire attraverso due edifici simmetrici, destinati a negozi, che ave- vano l’intento di conferire una sorta di monumentalità ed accentuare l’effetto prospettico verso la piazza e la torre.
La torre della casa del fascio, richiamante nei volumi quella di Fertilia e di Carbonia, anche se non di notevole altezza rappresentava un elemento di spicco nel borgo, sia per la posizione che per il trattamento delle superfici con conci a faccia vista. Stesso trattamento era pensato per l’adiacente edificio destinato a sala delle adunanze, mai realizzato, che avrebbe chiuso la piazza sul quarto lato.
Isolati rispetto al resto del complesso edilizio, anche se posti in prossimità dell’ingresso, si trovavano invece l’edificio della casa sanitaria ed i fabbricati destinati agli alloggi. Nell’elaborazione successiva, gli unici cambiamenti riguardarono una nuova forma per la casa sanitaria e la riduzione e lo spostamento degli edifici destinati ad alloggi. In particolare sul lato alberato dell’asse principale sarebbero sorti un edificio per alloggi ed altri tre edifici per la futura espansione del borgo che avrebbero completato l’edilizia su entrambi i lati dell’asse stradale.
Maggiori stravolgimenti si ebbero nella terza ed ultima versione, nella quale l’edificio dei negozi e l’ufficio dell’Ente vennero spostati dall’altra parte della strada per dare posto alla casa sanitaria.
Il Borgo in realtà non è stato mai completato infatti confrontando la planimetria attuale con quella della versione definitiva di progetto si è riscontrato che non sono mai stati realizzati ne i due edifici binati costituenti l’ingresso, ne la sala delle adunanze ne la casa sanitaria (come accadde per Borgo Bassi, n.d.r.). Inoltre la mancata realizzazione della casa sanitaria ha lasciato un vuoto che viene oggi percepito come una grande piazza antistante la chiesa che ha modificato del tutto l’impianto iniziale del borgo fondato sull’asse viario di collegamento delle due piazze non più leggibile

Nel maggio 1941, il Provveditorato OO.PP. aveva programmato tra le opere ricadenti nei Comprensori di Bonifica anche quelle da attuare nella Valle del Tumarrano: tra queste quelle per Borgo Sparacia, da realizzare con una spesa di iniziale di 2.300.000Lire in seguito ridotta a 1.700.000Lire a carico dello Stato. Come detto, però, l’Ente mise da parte la realizzazione di Borgo Sparacia per avviare le pratiche per un nuovo centro da intitolare al “martire di guerra” Antonio Callea, nato a Favara nel 1894 ed ucciso il 17 febbraio 1939 a Ponte de Molins (Spagna) insieme ad altri prigionieri tra i quali il beato vescovo Anselmo Polanco Fontecha. In seguito, venne concessa al militare siciliano la medaglia d’oro al valore militare alla memoria (continua a leggere).
Accade spesso che il nome del militare favarese risulti storpiato in “Gallea” tanto da ritrovare tale denominazione in documenti, atti e perfino per indicare il borgo rurale. L’errore potrebbe essere causato dalla trascrizione spagnola presente su una delle due lapidi del monumento ai 40 Martiri di Pont de Molins, inaugurato il 23 novembre 1940. Tra i nomi delle vittime identificate con certezza secondo una relazione del 21 ottobre dello stesso anno, figurava anche quello di Callea riportato come “[A]ntonio Gale[s]”.
In applicazione della Legge sul latifondo, l’ECLS richiese con domanda del 5 maggio 1942 al CTA del Provveditorato alle Opere Pubbliche la concessione dei lavori per  per la costruzione del borgo rurale, in base al progetto del 28 dicembre 1941 dell’importo di «4.055.956,70Lire comprensivo della quota del 14% per spese generali ed oneri vari». Il centro rispondeva alle caratteristiche fissata dalla nota interministeriale n.11255 del 3 gennaio 1941 e l’elaborato di Ajroldi «venne ritenuto meritevole di approvazione da parte del CTA con voto n.5225 del 10-7-42» salve alcune considerazioni di carattere tecnico-costruttivo.
L’Ente, dietro regolare autorizzazione del Ministero Agricoltura e Foreste, affidò all’Impresa La Spina — la stessa che tra il 1942 ed 1947 lavorò su alcune opere a Borgo Cascino — l’esecuzione delle opere in base al contratto dell’1 dicembre 1942. Borgo Callea, dunque, si può indicare come coevo a Borgo Ventimiglia e a Borgo Borzellino, entrambi in fase di costruzione insieme a quella data. Vengono, invece, indicati come progettati diversi borghi mai realizzati come Ciolino, Ingrao, Fiumefreddo — quest’ultimo insieme a Borgo Carrubba gli unici di tipo C dell’epoca ECLS — ed ancora Burrainiti, mentre Manganaro e Francavilla ovvero Schisina furono completati successivamente dall’ERAS.
Tuttavia, in dipendenza degli eventi bellici che portarono allo sbarco alleato, i lavori a Borgo Callea vennero gradualmente ridotti ed infine sospesi con verbale del 30 giugno 1943.
A quella data lo stato di avanzamento dei lavori vedeva la casa del fascio, la scuola, la chiesa con canonica, l’ufficio postale e quello dell’Ente, la stazione dei Carabinieri e l’ambulatorio parzialmente realizzati mentre gli altri edifici non erano nemmeno stati iniziati. Successivamente, quando la guerra terminò e le attività ripresero, l’ECLS presentò in sanatoria la perizia stralcio relativa alle sole opere eseguite fino al momento di fermo. Detta perizia, redatta il 15 gennaio 1946 per l’importo totale di 2.717.277Lire venne approvata dal CTA con voto n. 9506 del 10 maggio ed «i realtivi lavori vennero assentiti in sanatoria all’Ente diusto Decreto A.C. n. 6590 del 13 luglio 1946». Il collaudo delle opere anzidette avvenne il 7 febbraio 1948 e fu certificato dall’Ing. Capo del Genio Civile di Enna Bartolomeo Maria.
Nel frattempo, le Autorità Alleate che risiedevano in Sicilia richiesero di installare nel borgo una stazione antimalarica che potesse servire la zona del Tumaranno e limitrofe aree. L’Ente, considerato che i locali adatti a questo scopo non erano stati ancora realizzati, decise di adattare il fabbricato «Alloggio del Delegato Sindaco» alle nuove necessità. I lavori, previsti nella perizia del 24 maggio 1945 per l’importo di 1.020.000Lire, vennero affidati in concessione all’Ente giusto Decreto A.C. n.4671 del 25 gennaio 1946 (che prevedeva a carico dello Stato solo l’87,50% dell’intera spesa) e successivo decreto A.C. n.3707 del 27 agosto di quell’anno. Detti lavori furono eseguiti e collaudati il 12 luglio 1948 dal Genio Civile di Agrigento.
Al fine di provvedere al parziale completamento di Borgo Callea, venne stilata il 29 dicembre 1948 un’altra perizia per un importo totale di 64.167.123Lire, approvata dal CTA con voto n.22624 nell’adunanza del 25 marzo 1949. I lavori, già concessi all’ECLS giusto Decreto Ass. n.2/1566 del 20 ottobre, furono appaltati il 7 dicembre 1950 e comprendevano:

Completamento in conformità al progetto originario

Completamento in conformità al progetto originario

Completamento per il quale si è mantenuta l’espressione architettonica prevista nel progetto originario (pur avendo soppressa la costruzione dell’arengario). Sono state apportate solo alcune modifiche interne per adattare ad abitazioni gran parte degli Uffici a suo tempo destinate alle organizzazioni ormai disciolte.

Esecuzione di tutti i movimenti di terra relativi alla sistemazione della piazza, delle stradelle e delle aree adiacenti ai fabbricati.

Da completare rimanevano la Chiesa e la Canonica, gli uffici dell’Ente, la trattoria e rivendita e le botteghe artigiane, oltre al rifornimento idrico, alla fognatura e all’illuminazione. Da questa situazione ripartirono i lavori per un importo di 74.650.000Lire, descritti nella relazione tecnica redatta dall’ERAS il 31 maggio 1952.
Borgo Callea avrebbe servito, oltre alla zona appoderata dell’Azienda Sparacia, il piccolo P.R.814 esteso per 12ha. All’interno del raggio di influenza del centro di tipo A sarebbero rientrati altri borghi e sottoborghi; secondo la situazione aggiornata all’agosto 1955 e confermata dalla mappa del dicembre 1956, nell’area della Valle del Tumarrano erano progettati o programmati tre borghi di tipo B nelle contrade Perciata, Casabella e Gilferraro, quest’ultimo a servizio del P.R.450 con 113 lotti.
Il 25 luglio 1952 fu una data fondamentale per il distretto del Tumarrano: quel giorno, durante una riunione alla presenza dei funzionari dell’ERAS, dell’Ispettorato Agrario Regionale, della Cassa per  il Mezzogiorno e del Consorzio furono discussi i progetti esecutivi per il comprensorio. Gli argomenti vertevano sulla sistemazione idraulico-agraria dei terreni, sulla viabilità, sulle sistemazioni idraulico-forestali, sugli acquedotti da realizzare, sulle linee elettriche e ovviamente sui borghi rurali. A questo riguardo, si discussero le necessità da attuare per l’assistenza tecnica ai proprietari. ERAS e Consorzio si premurarono di redigere, ognuno in base alle proprie competenze, progetti e schemi, collaborando per il raggiungimento degli obbiettivi proposti dalla Cassa ed assicurando “la buona e sollecita riuscita delle opere”. A margine dell’incontro, fu redatto un primo stralcio di spesa per le opere di competenza statale: in particolare, l’importo per i progetti dei centri rurali ammontava a 74.650.000Lire per Borgo Callea, 28.340.000Lire per Borgo Pasquale, per 93.717.000Lire Montoni Nuovo, 28.475.000Lire per Borgo Ficuzza e 31.100.000Lire per Borgo Cugno Lungo. È probabile che in questa fase preliminare i nuovi centri rurali fossero differenziati per caratteristiche e numero di edifici. Ben presto, però, i piani di intervento furono ricalcolati e le spese ridimensionate, attraverso la delibera n230./VB. 39 del 13 novembre 1952. Il Consiglio di Amministrazione della Cassa per il Mezzogiorno approvava i progetti esecutivi relativi ai borghi da costruire nella Valle del Tumarrano e stabiliva in un’unica gara di appalto i lavori per i nuovi centri, fissando costi e somme anche per il completamento di Borgo Callea. L’investimento complessivo finale previsto fu di 122.212.000Lire — per l’87,50% a carico della Cassa e per il 12,50% a carico dei proprietari come disposto dall’art.7 del regio decreto n.215/1933 — suddivisi in 43.852.000Lire per l’ultimazione di Borgo Callea, 24.300.000Lire per Cugno Lungo, 18.100.000Lire per Borgo Ficuzza e 17.980.000Lire per i centri di Pasquale e Montoni Nuovo. L’impresa aggiudicatrice avrebbe firmato un unico contratto «con l’intesa che dovranno tenersi contabilità separate per ognuno dei Borghi appaltati», mentre l’avvio dei lavori fu fissato al 31 marzo 1954. Trovati i fondi e avute le direttive necessarie, l’ERAS avviò le pratiche necessarie per consegnare i lavori, a «ditte di provata capacità tecnico-finanziaria», grazie alla Delibera n.185 del 3 gennaio 1953. I lavori furono affidati il 16 gennaio 1954 all’impresa Goffredo Fabrizi dell’Aquila che avrebbe dovuto ultimare i lavori nel 1956.
Al novembre 1958, la situazione di abilitabiltà e manutenzione di Borgo Callea fu descritta accuratamente in un verbale, secondo cui in tutto il centro non vi era luce ne acqua corrente, «esiste solo una fontanella da dove la gente del borgo» attingeva l’acqua. La chiesa e la canonica erano ancora incompleti e le funzioni si svolgevano all’interno di una stanza della Caserma dei Carabinieri. Qui, alloggiavano anche alcuni militari e al primo piano viveva il signor Giuseppe Comparato, custode del Borgo. Un secondo appartamento, era occupato dal prete Salvatore La Magra che però non vi risiedeva in modo stabile. Anche il terzo locale era occupato saltuariamente dal maestro della scuola. Le lezioni si tenevano al piano terra della Delegazione Municipale mentre i piano superiori erano occuopati dagli insegnanti del campo sperimentale. La scuola era l’edificio che necessitava di urgenti manutenzioni. Questa era occupata dal signor Nicolò Lupo, assegnatario di un lotto nei pressi del Borgo, mentre alcuni locali erano affidati alla Ditta Caldara che stava provvedendo all’elettrificazione della zona ed altri ancora erano pericolanti e fungevano da magazzino per alcuni banchi, arredi vari e lavagne. Il primo piano era stato occupato dal Sindaco di Cammarata e dipendente ESA di San Giovanni Gemini Dott. Filippone ma vi risiedeva solo in estate. I locali della trattoria erano occupati dal signor Narcisi che li aveva adibita a spaccio e rivendita generi di monopolio. Abitava stabilmente con la famiglia al piano terra mentre il piano superiore era in cattive condizioni e necessitava di «riparazioni alle tegole e soprattutto agli infissi». Anche l’ambulatorio era in cattive condizioni di stabilità ed era occupato dal signor Di Grigoli che lo aveva adibito a magazzino. Il primo edificio delle case artigiani era la dimora di «un certo sig. Munì (trattorista)» che vi abitava con la famiglia nella stagione estiva. L’appartemento del primo piano era, invece, in possesso del signor Salvatore Lena che non lo abitava mai. Il secondo edificio, infine, era stabilmente occupato dalla famiglia del signor Domenico Lupo e da quella del signor Giuseppe Mangiapane. 
La custodia di Borgo Callea fu affidata dal 1 marzo 1961, anche se in modo discontinuo, al signor Giuseppe Comparato il quale il 30 ottobre 1973 richiese al Capo Ufficio del Personale ESA il trasferimento presso la sede zonale di Canicattì o al locale parco meccanizzazione per assistere la «madre bisognosa di cura, in quanto ammalata di cuore». Lo stipendio di 99.000Lire per il nuovo incarico, inoltre, avrebbe potuto meglio «sopportare gli aggravi familiare, potendo nella suddetta Sede, usufruire di una abitazione propria vicina (Naro) e quindi non aggravato di affitto».  Il 3 aprile 1975, la vicenda di Comparato si risolse positivamente grazie al fatto che tutti i locali del Borgo furono ceduti in uso «e, pertanto, gli stessi concessionari hanno l’obbligo e l’interesse della custodia».

Il 22 maggio 1964, Giovanni e Rosolino Munì firmarono con l’ERAS il verbale di consegna per l’affidamento in uso provvisorio dell’appartamento al piano terra e al primo piano del «2° Padiglione Artiginato». A Borgo Callea, i due fratelli gestivano un’«officina per riparazioni di macchine agricole», certamente molto utile ad agricoltori, assegnatari e coloni della zona ed ancora oggi in attività.
Tre anni dopo, il 23 marzo 1967, i Munì inviarono all’Ente una nuova richiesta che mirava a ottenere l’affitto di un appartamento, dietro la proposta di pagamento di un canone di locazione annuo di 15.000Lire. Nonostante la proposta, l’ERAS reputò inaccettabile l’offerta «perchè inadeguata ai prezzi correnti nella zona», considerando il numero dei vani occupati, gli introiti dell’«officina per riparazioni di macchine agricole» che gestivano ed «il fatto che non sono assegnatari della R.A.». L’affitto richiesto, dunque, sarebbe stato di 60.000Lire che non fu preso in considerazione dai due fratelli i quali precisavano con lettera del 6 giugno 1967 che

per un appartamento con una superficie in metri quadrati superiore a quello richiesto [...], e precisamente quello locato a certo Mangiapane Giuseppe l'Ente ha richiesto ed ottenuto un canone di locazione di 40.000  annue; in considerazione che la casa richiesta dal sottoscritto è confinante con quella locata a Mangiapanee che la superficie della casa richiesta dal sottoscritta è inferiore, si prega vivamente di volere accettare la proposta che con la presente viene avanzata di stabilire il canone di locazione in Lire 42.000 annue

Poco dopo, il 21 giugno il Presidente Angelo Ganazzoli con nota n.41294 fissava il corrispettivo annuo a 48.000Lire, «onde evitare disparità con gli altri locatari».
Solo qualche tempo dopo, l’ESA concesse in uso provvisorio l’appartamento del secondo padiglione Artiginato di Borgo Callea, con un canone annuo ridotto di 42.000Lire + 1.680Lire al Sig. Munì, grazie al contratto stipulato il 31 dicembre 1967.  All’atto della consegna, i locali si presentavano «in discreto stato d’uso ad eccezione dei tre vani al piano superiore i quali presentano i soffitti pericolanti» e mancanti di alcune vetrate. L’Ente si esonerava da qualsiasi responsabilità e affidava al Munì le eventuali piccole riparazioni.
A più di dieci anni dalla prevista ultimazione dei lavori, Borgo Callea risultava ancora incompleto con un certo fastidio manifestato dal Consorzio che con nota n.1653/54 sollecitò prima l’ultimazione ed in seguito con nota n.2349/2351 la consegna dei locali. Il 2 maggio 1967 con nota n.29113 il Presidente ESA Dr. Angelo Ganazzoli richiese alla Cassa del Mezzogiorno un ulteriore finanziamento affinchè il Borgo agrigentino venisse ultimato e potesse offrire alla numerosa popolazione ogni servizio necessario per lo sviluppo dell’area. Le opere avrebbero riguardato la rete idrica e fognaria, la sistemazione stradale interna ed esterna per un importo di 80.000Lire. In totale, l’operazione avrebbe raggiunto i 110.000.000Lire comprensivi dei lavori per il centro in C.da Pasquale.
Il 9 gennaio 1973, Giovanni Munì scrisse ancora una volta all’Ufficio ESA competente per i Borghi Rurali sottolineando come avesse sempre pagato un canone secondo lui ingiusto e come «in occasione dei lavori di manutenzione straordinaria del Borgo ha consegnato per 15 mesi la suddetta casa all’Impresa». La lettera, dunque, cercava di essere un ennesimo tentativo di aver ridotto l’affitto a 24.000Lire, «pari a quello pagato da altri artigiani» residenti a Borgo Callea. Inoltre, «non avendo pagato per due anni il canone di locazione chiede di essere autorizzato a pagare la differenza tra i 24 mesi di arretrato ed i 15 mesi in cui non ha disposto dei locali perchè concessi all’impresa». Infine, il Sig. Munì si impegnava a pagare 36.000Lire — pari a 9 mesi del vecchio canone a 4.000Lire — non appena autorizzato ad effettuare il versamento. Questa comunicazione sembra essere cronologicamente l’ultima avvenuta tra ESA e l’artigiano di Borgo Callea.
Diverse abitazioni di Borgo Callea e case del comprensorio ancora al Luglio 1968 non erano provviste di luce. Ciò si deduce dalla lettera del 13 luglio con cui l’ICIE — Impresa Costruzioni Impianti Elettrici di Palermo — attraverso l’amministratore unico Dr. Giorgio Castiglia, richiedeva l’uso di alcuni locali scolastici per due mesi, tempo necessario alla realizzazione dell’allacciamento elettrico, come alloggi dei propri operai e rimessa. Nonostante alcune precedenti conversazioni intercorse con i funzionari ESA e con quelli del Consorzio di Bonifica, l’ICIE ricevette la nota n.39209 del 20 luglio con cui si notificava che «i locali destinati a scuola non possono essere adibiti a dormitorio o per altri usi diversi dai fini scolastici».
Oltre ai Munì, altri due fratelli abitavano a Borgo Callea: il Sacerdote Salvatore Maida e Rosario. Questi scrissero il 20 novembre 1968 al Presidente dell’ESA due distinte lettere: il primo proponeva l’istituzione di una sezione distaccata della Scuola Agraria di Bivona, mentre l’altro la costruzione di una stazione di rifornimento. Il Sacerdote chiedeva all’ESA le autorizzazioni necessarie per poter disporre dei locali e delle attrezzature scolastiche già presenti al Borgo in modo da «poter valorizzare la zona creando una nuova possbilità di educazione per i giovani del luogo». L’ESA accolse in modo favorevole la proposta ma comunicò, con nota n.18951 del 25 marzo 1969, che «la richiesta potrà esaminarsi una volta completati i lavori di manutenzione straordinaria, in corso d’appalto».
Rosario Maida, invece, ipotizzò l’idea di «installare un rifornimento di carburante (benzina, nafta, nafta agricola)» all’incrocio con la strada di accesso a Borgo Callea e la provinciale Tumarrano – Vallelunga, area che risultava libera ma di proprietà dell’Ente. L’Ufficio Gestione Borghi a firma del Capo Servizio Luigi Vassallo, in un promemoria per il Presidente dell’ESA, valutando l’utilizzo di interesse pubblico «ed in considerazione che il predetto Borgo è molto frequentato», sembrò accogliere la richiesta di Rosario Maida con la clausola di «ricorrere alla forma della concessione in suo provvisorio in modo da revocarsi in ogni modo». Nei vari ed ingarbugliati passaggi burocratici, la proposta fu presentata con nota n.20743 del 2 aprile 1969 all’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana che sollecitò «un progetto del distributore e del nodo viario per immissione e l’uscita degli autoveicoli dalla strada consortile e la strada di accesso al borgo, unitamente ad una planimetria particolareggiata», già approvato dall’Ufficio Tecnico dell’ANAS. Ad inizio luglio 1969, dopo aver vagliato le proposte e le finalità, l’Assessorato non ravvisò «l’opportunità della concessione di terreno, […] in quanto l’installazione del distributore può utilmente e stabilmente aver luogo nei finitimi terreni di proprietà privata». Con ciò si chiude un capitolo che avrebbe quantomeno aumentato il passaggio di mezzi e persone nei pressi di Borgo Callea.

L’ESA stipulò il 31 marzo 1970 una convenzione con il Consorzio di Bonifica Valli del Platani e Tumarrano per la cessione in uso provvisorio di alcuni locali da adibire ad uffici di assistenza tecnica. Il contratto di durata triennale fino al 31 marzo 1973 fu accordato con delibera n.1336 del 12 dicembre 1969 dal Comitato Esecutivo dell’ESA. Il consorzio avrebbe dovuto corrispondere un canone annuo simbolico di 1000Lire da versare in un’unica soluzione e si impegnava a mantenere in ottimo stato gli ambienti concessi. Il versamento della quota avvenne il  30 settembre 1971 con mandato di pagamento n.558, emesso dall’Agenzia del Banco di Sicilia di Cammarata. Qualcosa, però, nella macchina burocratica deve essersi inceppato se l’ASCEBEM (Associazione Siciliana Consorzi ed Enti di Bonifica e Miglioramento Fondiario) rivendicò una concessione con decorrenza al primo luglio 1971 degli stessi locali adibiti ad Assistenza Tecnica e precedentemente assegnati al Consorzio. Conseguentemente, quest’ultimo fu invitato, con nota n.37040 del 12 ottobre, a riconsegnare i locali di cui aveva già preso possesso. Poco dopo, il Consorzio accolse la richiesta di cessione con nota n.3629 del 23 novembre, cedendo i propri spazi all’ASCEBEM ma mantenendo l’autorimessa che nel contempo era stata adibita ad officina per la riparazione dell’acquedotto rurale. Tuttavia, l’Associazione dei Consorzi, con nota n. 405 del 29 novembre, lamentò «la mancata consegna del garage annesso ai locali d’ufficio e fa pressione per averlo al più presto, in quanto necessario per poter custodire le autovetture degli addetti al centro». Diversi mesi dopo, il 9 agosto 1974, il Presidente Angelo Ganazzoli scrisse la nota n.32033 con la quale invitava il Consorzio a lasciare libero il locale destinato ad autorimessa, dato che «durante un recente sopralluogo effettuato a Borgo Callea è risultato che in tale locale non viene svolta alcuna ttività in quanto rimane chiuso e pertanto, si ritiene di nessuna utilità». Passò ancora qualche mese, quando finalmente il 2 novembre 1974 il capo della sede zonale ESA Walter Raineri consegnò ai legittimi assegnatari il «locale garage facente parte del I° padiglione artigianato […], libero e sgombero di materiale e mobilio».
Il 5 luglio 1970, l’Ente ricevette da Rosolino Munì una lettera con cui pregava e richiedeva l’assegnazione di un appartamento «nella palazzina destinata agli artigiani», in quel momento libera. L’ESA, qualche mese dopo la richiesta, accordò l’uso provvisorio alla famiglia Munì secondo quanto riportato dal verbale di consegna firmato il 4 gennaio 1971, giusta autorizzazione dell’Ufficio Borghi rurali n.76992-4589/R.A. del 17 dicembre precedente. L’appartamento in oggetto era «corredato di infissi interni ed esterni completi di vetri e di persiane, serrature, inferriate esterne, impianto elettrico sottotraccia completo di portalampade e pulsanti, rubinetteria completa, perfettamente ammattonato. Il tutto in ottimo stato perchè nuovo». Dal canto suo, il Sig. Munì avrebbe dovuto provvedere alle piccole riparazioni necessarie, «esonerando l’Ente da ogni responsabilità». Dal 7 luglio 1971, l’ESA deliberò con nota n. 289/CE di fissare il pagamento di un canone annuo di 24.000Lire — più 1.000Lire per la carta da bollo e 2.210Lire per la registrazione — per l’utilizzo dei locali, in accordo con lo stesso Munì, data la necessità di risidere a Borgo Callea per motivi lavorativi. Secondo l’art.5 del contratto, però, l’ESA avrebbe potuto disdire la concessione in qualsiasi momento con un preavviso di soli trenta giorni, «qualora si dovessero consegnare i locali al Comune».
Grazie alla deliberazione n.192 del 19 settembre 1974 approvata dall’amministrazione del comune di Cammarata, Borgo Callea venne finalmente ceduto il 24 marzo 1976, in base all’articolo 1 della Legge n.890/1942 secondo cui

gli edifici e gli impianti destinati a servizi di competenza comunale, costruiti a spese dello Stato nei centri rurali sorti nelle zone del latifondo siciliano, colonizzate in attuazione della legge 2 gennaio 1940-XVIII, n. 1, saranno trasferiti gratuitamente in proprietà ai Comuni col vincolo della destinazione perpetua ad uso di pubblica utilità

All’atto della cessione, il centro del Tumarrano era nelle condizioni descritte dal verbale di consegna secondo cui l’edificio spaccio e rivendita tabacchi erano in possesso della signora Giuseppa Di Piazza. La sede del Municipio era affidata all’Isitituto di Agronomia. Il piano terra dell’edificio scolastico era adibito a scuola elementare mentre uno dei due appartementi del primo piano era abitato dal signor Girolamo La Palermo, l’altro invece era l’ex casa del custode del Borgo. Il plesso Ufficio Postale – Caserma CC – alloggi ospitava un circolo ricreativo al piano terra mentre l’ex caserma risultava libera. Gli appartamenti del primo piano erano in possesso della signora Vincenza Reina, del signor Nicolò Lupo e del signor Pietro Lupo. L’ambulatorio medico e veterinario e i rispettivi alloggi erano assegnati al signor Vincenzo Lupo e al veterinario Dott. Gagliano. Il secondo padiglione artigianato era l’abitazione del signor Giovanni Munì e del fratello Rosolino mentre al piano terra del primo padiglione si trovavano gli uffici dell’ASCEBEM Centro Assistenza Tecnica Cassa del Mezzogiorno. Il primo piano, invece, era in possesso della signora Mariangela Di Grigoli. Tutti gli edifici di Borgo Callea, compresa la Chiesa, erano in perfette condizioni di stabilità e abitabilità tranne per alcune ma irrilevanti tracce di umidità ed erano forniti di impianti elettrici e idrici con relativi recipienti.
A fine 2011, grazie ad un finanziamento di circa un milione di euro messo a disposizione dall’Assessorato Agricoltura e Foreste, a Borgo Callea si sono effettuati lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria. Attraverso i finanziamenti del PSR Sicilia 2007/2013 — lo stesso piano che ha permesso il recupero di Borgo Bruca — si è potuto procedere agli interventi di recupero, tutela e valorizzazione  del patrimonio immobiliare e storico-culturale del centro. In particolare, i lavori hanno riguardato il restauro delle facciate esterne di tutti gli edifici, la manutenzione dei tetti di copertura, la sostituzione di infissi esterni, l’installazione di impianti fotovoltaici e la manutenzione interna e l’impiantistica.