BORGO PIZZILLO

TIPO DI BORGO — c

progettista — Luigi Panico

data di progetto — 1953

località — c.da pizzillo

stato di conservazione — ristrutturato

Borgo Pizzillo (in arbëreshë Pucilji), già Borgo Portone, si trova in territorio di Contessa Entellina e si affaccia sulla ex strada consorziale Vaccara-Petraro. È il primo borgo rurale di servizio a sorgere nel comprensorio. Il centro, costruito per iniziativa dell’Ente di Riforma Agraria per la Sicilia (ERAS), fa parte di una rete di borghi rurali e piani di conferimento che avrebbero dovuto scorporare il vasto latifondo. Al 31 dicembre 1951, l’ERAS suddivide nell’isola 64.089ha da affidare agli assegnatari della riforma. Solo nel territorio contessioto, si contano 446.20.15ha ricadenti nelle località Piano Cavaliere, Roccella, Portone, Petraro e Sommacco di proprietà di Letizia Inglese, Carmela, Luisa e Concetta Pecoraro, Elisabetta Valguarnera e Maria Maiorca Mortillaro, cognata dell’esponente della Democrazia Cristiana Franco Restivo, proprietaria di numerosi latifondi. Nei territori di Francavilla di Sicilia, l’ERAS acquista dalla stessa Maiorca Mortillaro 890ha di terreno e crea un villaggio rurale sparso, identificabile nei sette centri di Schisina, Piano Torre, Morfia, San Giovanni, Monastero Bucceri, Malfitana e Pietrapizzuta. In base alla Legge 104/1950, viene predisposto, d’intesa con il Consorzio di Bonifica dell’Alto e Medio Belice, un coordinato programma di opere pubbliche che prevede la costruzione di una strada di bonifica, borghi rurali ed un acquedotto per l’alimentazone idrica delle nuove case e dei centri di servizio. I terreni del contessioto vengono suddivisi in 96 lotti dalle caratteristiche e dalle estensioni diverse. Il testo “22 anni di bonifica integrale” riporta che

a Contessa Entellina, nella zona adiacente all'abitato, poichè si presta all'impianto intensivo di fruttiferi, una ventina di lotti saranno di due ettari circa,
nella rimanente parte la superficie attribuita ad ogni lotto è variabile da 3,00 ettari ai 5.80.
La diversa ampiezza è naturalmente dovuta alla differente qualità del terreno; si sono fatti più ampi i lotti con terreno mono fertile e si è attribuita ad alcuni lotti parte delle superfici non coltivabili vicine, che, allo stato attuale, rappresentano delle tare.
Si è prevista e tenuta presente la sistemazione idraulico-agraria da applicare a questi terreni e la costruzione di buone mulattiere per il libero accesso ad ogni lotto. L'insediamento rurale è stato previsto in tre gruppi principali, di cui uno vicino allo stradale in costruzione, Contessa Entellina-Belice, un altro nel fondo Portone, ed il terzo presso il casamento Roccella.

L’interesse per il frazionamento del latifondo di Contessa Entellina risale al 1939, quando ancora non ancora emanata la legge 1/1940, alcuni proprietari si propongono per la costruzione di diverse abitazioni per contadini. Tra questi, in un articolo apparso sulle colonne del quotidiano “L’ora” dell’agosto 1939, spicca il nome della stessa Maiorca Mortillaro che ha «volontariamente fatto atto di prontezza per la costruzione di case coloniche» sui propri feudi.
Agli inizi degli anni Quaranta, l’Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano (ECLS) pianifica la realizzazione di un centro rurale in contrada Carrubba, nei pressi dell’omonima masseria. Il progetto per un borgo di tipo C è dell’agosto 1941 e si sarebbe caratterizzato per i servizi essenziali, come scuola e chiesa, in modo del tutto simile al centro in contrada Fiumefreddo, nel siracusano. Tuttavia, l’avanzare della guerra blocca i piani e bisogna aspettare il primo dopo guerra perchè qualcosa si muova.
Dopo il 1945, si diffondono capillarmente le lotte contadine che scatenano l’occupazione dei feudi per il riconoscimento dei diritti essenziali degli agricoltori. Anche il territorio di Contessa Entellina è coinvolto. Il Partito Comunista Italiano appoggia l’azione delle masse contadine, mentre gli agrari, dal canto loro, percependo l’approssimarsi di una riforma agraria, si mobilitano per evitare l’esproprio dei terreni. In questo modo, tutti i latifondisti di Contessa distribuiscono ai loro eredi porzioni considerevoli di terra ed altre quote vendute a «gabelloti, campieri e burgisi benestanti». L’applicazione della legge del 1950 impone che tutti i feudi superiori ai 200ha siano espropriati mentre quelli che coprono più di 100ha devono essere convertiti alla coltivazione intensiva. Ai contadini, però, spettano solo strisce di terra poco produttive, mentre gli appezzamenti migliori rimangono nelle mani dei proprietari.
Nonostante alcuni obiettivi ottenuti dal movimento contadino, la legge di riforma favorisce «tutti i tentativi degli agrari di sfuggire all’esproprio», alimentando le scissioni interne tra i lavoratori della terra. È un’azione politica, i cui fili sono mossi da figure come Franco Restivo, alleato con i monarchici e i democristiani, con l’appoggio del Movimento Sociale Italiano. Lo scopo è quello, solo apparentemente riformista, di distribuire la terra al maggior numero possibile di contadini «per tenere lontano il pericolo del comunismo» ma che in realtà frammenta il movimento. E chi sostiene le lotte, ovvero il PCI, non riesce a trasformare questa esperienza in «un’autentica forza rivoluzionaria che avrebbe cambiato radicalmente la struttura del latifondismo» siciliano. Nonostante i miliardi spesi per attuare la riforma, l’agricoltura che caratterizza le aree interne è rimasta immutata, tanto che «sarebbe più appropriato parlare di riforma fondiaria più che di riforma agraria». Non sono sufficienti le case coloniche, i servizi, la scuola, l’assistenza sanitaria e la corrente elettrica se

la mancanza di credito e sbocchi commerciali, e soprattutto di un'adeguata assistenza tecnica, non [permette] ai nuovi coloni di passare da un'agricoltura di sussistenza a una orientata verso il mercato, obbiettivo che era stato tra i principali della riforma.

Da un lato, ciò determina che i contadini siano costretti a «forme di occupazione precaria», spesso nell’edilizia, e dall’altro lato causa l’emigrazione verso il Nord Italia o all’estero.
Queste sono alcune delle considerazioni che l’antropologo olandese Anton Blok descrive nel 1961, quando arriva a Contessa Entellina per spiegare il contesto sociale e culturale nella Sicilia profonda, riflessioni raccolte nel testo “La mafia di un villaggio siciliano. 1860 – 1960” che potrebbe considerarsi come un affresco paradigmatico e riproducibile anche in altre zone dell’isola dove la riforma agraria, più che un atto di rottura dagli «interessi costituiti, vecchi e nuovi», ha rafforzato il potere e l’integrità dei soliti pochi.
Il territorio di Contessa Entellina ricade nel comprensorio di bonifica dell’Alto e Medio Belice dove, oltre alle opere già realizzate negli anni Quaranta dall’Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano, l’Ente di Riforma Agraria per la Sicilia (ERAS) prevede numerosi cantieri. Il 19 ottobre 1952 si avviano le assegnazioni dei terreni alle famiglie di contadini che diventano proprietarie della terra. Fin dall’alba, come riportano le cronanche di quella giornata storica, grandi folle si ritrovano a Piazza Umberto I dove si svolgono le operazioni di sorteggio. Dopo le assegnazioni, si tengono i discorsi del Presidente dell’ARS On. Giulio Bonfiglio, dell’Assessore Giocchino Germanà, il Prefetto Angelo Vicari, del Commissario dell’Ente Rosario Corona e del Sindaco Lo Jacono. Corona difende a suo modo la legge sulla riforma agraria, ne descrive la portata sociale e parla delle attività dell’Ente da lui presieduto; elogia la famiglia Maiorca – Pecoraro che «prima fra tutti offrì la terra» ed annuncia che in breve tempo si darà avvio ai lavori per la costruzione delle case coloniche e di tre borghi così da assicurare «l’assistenza religiosa, scolastica e sanitaria». Si rivolge infine a coloro che non sono stati sorteggiati: «L’applicazione della legge di riforma — dice — proseguirà senza soste […] e poichè nei territori di Contessa parecchie terre dovranno essere ancora distribuite, anch’essi nel prossimo o nei prossimi sorteggi otterranno […], il loro podere». È la volta di Germanà che «esordisce dicendo che la cerimonia […] costituisce la prima tappa della realizzazione della Riforma Agraria in Sicilia, perchè qui l’impegno del Governo e dell’Assemblea Regionale ha trovato piena attuazione». La conclusione dell’Assessore è incentrata sul vasto programma di opere di bonifica e di trasformazione, sostenute dalla Cassa per il Mezzogiorno, e sulla certezza di un aiuto tecnico ai contadini dall’Amministrazione Pubblica. Conclusi i discorsi, molto spesso retorici e autocelebrativi, i contadini si incamminano verso le terre per prenderne possesso. Non solo nel paese arbereshe si è dato avvio al conferimento ma anche a Castronovo, Montemaggiore Belsito e, non a caso, a Francavilla di Sicilia, dove sono stati assegnati i lotti delle contrade Piano Torre II-III, Morfia, Pietrapizzuta, San Giovanni, Malfitana e Monastero Bucceri nei pressi di Borgo Schisina. Danze, colori, volti e speranze che ricordano le cerimonie inaugurali che il 21 ottobre 1939 erano state organizzate dal fascismo per celebrare l’assalto al latifondo. Anche allora le parole e la presenza delle alte cariche dello Stato davano fiducia alle masse rurali in una profonda trasformazione che, tuttavia, non fu mai compiuta nemmeno nei decenni successivi.
All’interno del perimetro del Consorzio Alto e Medio Belice si pianificano circa quaranta borghi rurali sia di competenza ERAS che consortile. Al 26 agosto 1955, la situazione all’interno dell’area risulta essere la seguente:

BORGHI DEL CONSORZIO

BORGHI ERAS

Nonostante le parole altisonanti dell’Assessore all’Agricoltura che abbiamo riportato, gli impegni sono stati disattesi e solo una parte ridotta del vasto programma di opere pubbliche su questo territorio è stata portata a termine. Germanà, però, reputava la zona di Contessa Entellina «fra le più vive e pulsanti», un esempio da seguire anche altrove. Si decide, così, di far piantare su queste terre oltre cinquecento tra meli e peri, donati dal Cancelliere Konrad Adenauer come atto di riconoscenza e simpatia per aver ricevuto degli oleandri siciliani. La cerimonia di consegna si svolge nel gennaio 1955 tra Piano Cavaliere e Borgo Roccella alla presenza di una folla di contadini, delle autorità tedesche, del Vescovo di Piana degli Albanesi Mons. Giuseppe Perniciaro, di alcuni funzionari dell’ERAS, del Sindaco Nicolò Clesi e di Gaspare Bruno, Presidente della Cooperativa Agricola “Contessa Entellina”. 

Lo studio per un borgo nel feudo Portone, affidato ai servizi di ingegneria dell’ERAS, risale al 31 marzo 1953 per un importo complessivo di 26.750.000Lire di cui 20.590.000Lire a base d’asta e 6.160.000Lire a disposizione dell’amministrazione per imprevisti, arredamenti, espropriazioni, impianti elettrici e alberatura. In realtà non si tratta di un nuovo progetto ma di una versione speculare di quello applicato a Borgo Pasquale nella Valle del Tumarrano.
Il centro di servizio di tipo C è composto da una chiesa, costituita da un ampio vano per le celebrazioni delle feste religiose, l’aula per il catechismo, la sagrestia ed i servizi. È previsto anche l’ambulatorio, con una sala di ingresso e d’attesa, un ambiente per la visita medica, un altro locale da servire per armadio farmaceutico, uno spogliatoio e WC. La scuola con alloggio per l’insegnante comprende un vano di ingresso, un’aula, un ambiente per segreteria ed i servizi igienici distinti nei due gruppi per maschi e femmine. L’abitazione per l’insegnante è costituita da un ingresso disimpegno, una camera da pranzo soggiorno, una camera da letto, una cucina e WC. Infine, l’alloggio per il custode del borgo è composto di una camera da letto, cucina, WC e disimpegno. Il risultato finale è un’architettura improntata a concetti di economia e semplicità che ben si adattano all’ambiente rurale e permettono un ridotto importo dei lavori.
Con voto n.30848 del 31 agosto 1953, il Provveditorato alle Opere Publiche si riunisce per approvare il progetto avanzato dall’ERAS, vista la «Provveditoriale 10/8/53, n.38773, Div.IIB, Sez.3, con cui è stato trasmesso, per esame e parere, il progetto accompagnato da istanza in data 11-5-53 del Commissario Straordinario (in quel momento Rosario Corona, n.d.r) dell’ERAS, tendente ad ottenere l’approvazione, nonchè del parere 13-7-53 del Comitato Tecnico Provinciale per la B.I. di Palermo».
Il 24 ottobre 1953, l’impresa C.E.F.-Costruzioni Esercizi Ferroviari di Palermo si aggiudica l’esecuzione dei lavori, per una spesa a base d’asta di 19.700.000Lire, che comprende la costruzione di tutti gli edifici, delle piazze e strade di accesso e interne, la sistemazione delle acque superficiali, l’esecuzione delle reti fognarie e di distribuzione di acqua potabile, nonchè tutti gli altri lavori utili e necessari per «assicurare la buona conservazione ed il regolare funzionamento dei vari servizi».
Nel contempo, si decide, a causa di «difficoltà sopravvenute», di spostare l’ubicazione del centro rurale nella limitrofa contrada Pizzillo, sentito il parere favorevole dell’Assessorato Agricoltura e Foreste.
Il sopralluogo sull’area di fondazione del 24 luglio 1954, alla presenza dell’Ing. Francesco Panzera dell’ERAS e dell’Ing. Enzo De Vecchi, direttore tecnico della C.E.F., sancisce la consegna dei lavori, la cui durata è stabilita in sei mesi, fino al 23 gennaio 1955. In caso di ritardo, è applicata una penale giornaliera di 5000Lire oltre al rimborso delle «maggiori spese per assistenza e direzione, nonchè per spese di amministrazione dell’Ente».
I lavori partono prima che si formalizzi l’acquisto del terreno che avviene il 22 dicembre 1955, secondo la deliberazione n.213. L’ERAS stipula il contratto con la proprietaria Carmela Pecoraro in Mastropaolo, figlia del deputato DC Antonino, per un importo di 1.311.670Lire così come stabilito dalla perizia di valutazione redatta il 19 febbraio 1955 dal Servizio Trasformazioni Fondiarie dell’ERAS, approvato dall’Assessorato Agricoltura e Foreste con provvedimento n.15343/R.A. del 31 dicembre.
Per una completa azione di riforma, l’ERAS prevede anche la costruzione di ventidue case coloniche del tipo 12 serie b.b. ad unica elevazione. Oltre alle abitazioni, costituite dagli spazi per gli animali e per gli uomini, l’Ente pianifica gli impianti elettrici, fognari e la realizzazione di alcune stradelle interne di collegamento. L’impianto urbanistico risultante avrebbe visto il centro di servizio in posizione baricentrica rispetto alle abitazioni coloniche ma nulla di tutto ciò viene portato a termine. Un ulteriore tentativo di realizzare le case è avanzato dall’ERAS ad inizio anni Sessanta. Il progetto del 12 febbraio 1963 è dell’Ing. Matteo Giordano che ricalca la disposizione originaria ma ne modifica il tipo di abitazioni del tutto simili a quelle della seconda serie di Borgo Vicaretto. Il nuovo tipo di casa comprende due elevazioni: a piano terra si trova una grande cucina soggiorno arredata con piano cottura, forno, vasca, lavapiatti, una stalla per tre capi ed un piccolo magazzino; al primo piano due camere da letto, WC ed un fienile sopra la stalla; nel sottoscale sono ricavati gli spazi per il porcile ed il pollaio. Contestualmente, Giordano è incaricato della realizzazione di alcuni fienili e concimaie per l’ampliamento delle abitazioni coloniche di Borgo Piano Cavaliere e Cozzo Finocchio. La spesa complessiva ammonta a 152.430.260Lire ma, nonostante fosse tutto pronto, nulla dei due progetti è stato compiuto.
Nel quadro riepilogativo del 4 ottobre 1955, l’Ente di Riforma assegna per ogni borgo rurale in costruzione diversi milioni a disposizione dell’amministrazione. Nel caso di Borgo Pizzillo, le somme relative agli imprevisti e alle espropriazioni sono di oltre due milione di Lire mentre solo 400.000Lire vanno ai lavori per le alberature. Una sezione a parte è dedicata agli arredamenti per cui sono stanziati 2.400.000Lire. Di questi, 150.000Lire sono destinati all’acquisto di un quadro del pittore Emanuele Di Giovanni, un milione per l’arredamento scolastico e 880.000Lire per quello dell’ambulatorio medico, affidato alla dita L.A.M.O. di Palermo con nota n.36778 del 23 giugno 1955.
Il 28 dicembre, poco prima di trasportare i materiali, l’Ing. Abbadessa, Capo Servizi di Ingegneria dell’Ente, comunica al Servizio Amministrativo II° – Ufficio Borghi che è necessario designare in breve tempo un custode che possa prendersi carico dei materiali e supervisionare la consegna. Emilio Zanini, in quel momento Presidente dell’ERAS, con nota n.3301 del 4 gennaio 1956 comunica a Nicolò Clesi referente della Cooperativa “Contessa Entellina” e Pro Sindaco di Contessa Entellina che i materiali per l’ambulatorio devono essere custoditi temporaneamente in «qualche locale idoneo» perchè ancora non è stata effettuato il collaudo e i servizi non possono attivarsi. In realtà, le parole di Zanini sembrano voler coprire il ritardo nella designazione del custode di cui si era già espressamente fatta richiesta a fine 1955. La questione si risolve il 30 gennaio 1956 quando, ad assumersi la responsabilità dei materiali è lo stesso Clesi che riceve gli oggetti dal referente dell’Ente Giuseppe Tranchida in una delle case di Borgo Piano Cavaliere in quel momento in costruzione.
E un custode non è stato designato ancora nel 1957, nonostante l’ERAS riceva numerose richieste e proposte di assunzione per tale manzione. Tra queste quelle dell’ex Carabiniere Salvatore Giangrande che, lasciata l’arma per un incidente in servizio, chiede di essere assunto per il servizio di guardiania a Borgo Pizzillo, o ancora quelle del reduce di guerra Antonino Cascio Ingurgio. Ad assumere formalmente l’incarico di custode è dal settembre 1958 il Sig. Antonino Ferrauto da Contessa Entellina a cui era già stato affidato, sin dal luglio 1957, il compito di sorvegliare gli impianti dell’acquedotto Ciokali – Bufalo – Scirotta che servono i borghi del comprensorio. Per l’incarico, l’ERAS provvede con un indennizzo mensile forfetario di 3.600Lire a lordo delle ritenute di legge che viene confermato di anno in anno. Oltre a Borgo Pizzillo, l’Ufficio Tecnico autorizza a Ferrauto anche la custodia del vicino Borgo Castagnola che al momento della lettera di incarico è in fase di collaudo ma che «resterà abbandonato venendo a cessare la custodia in atto eseguita dall’Impresa assuntrice». Il 28 luglio 1959, dato che Borgo Pizzillo «va a potenziarsi» e si ritiene necessaria la continuità della sorveglianza ai materiali depositati di proprietà dell’Ente, il servizio amministrativo scrive un promemoria per il Commissario Straordinario in cui si avanza la concreta necessità di assunzione per Ferrauto che fino a questo momento ha solo benificiato di rimborsi e paghe a prestazione. Solo il primo febbraio 1960, l’Ente avvia le pratiche per l’assunzione di Ferrauto per il periodo 1 ottobre 1959 – 30 settembre 1960, salvo eventuali proroghe, con un compenso mensile di 37.500Lire.
Dal primo ottobre 1960 e sino al 30 settembre 1961, l’incarico di guardiania a Borgo Pizzillo passa ad Antonino Petralia per «la necessità di sistemare il Petralia in un alloggio idoneo». Ferrauto, invece, prende servizio a Borgo Roccella mentre Borgo Castagnola è affidato a Vincenzo Sciarrabba. I tre impiegati il 13 maggio 1961 richiedono all’ERAS l’acquisto e la fornitura di tute e stivali necessari ai lavori di manutenzione. Richieste simili sono state fatte da altri custodi e tra questi vale la pena ricordare quello di Borgo Binuara nel trapanese.
Petralia rimane a Borgo Pizzillo però solo un anno e dal maggio 1962 è trasferito a Borgo Castagnola. Anche Vincenzo Sciarabba viene trasferito e incaricato di sorvegliare Borgo Roccella e Borgo Pizzillo, in base a quanto stabilito dalla nota n.38693 del 19 maggio 1962. Sciarrabba manterrà l’incarico fino al 30 settembre 1965, nonostante la distanza tra i due centri rurali per cui il custode otterrà un rimborso per le spese di trasporto di 10.000Lire mensili così come stabilito dalla nota n.1315 del 10 gennaio 1964.

La stazione dei Carabinieri di Contessa Entellina da incarico al falegname Vincenzo Mastropaolo per i lavori di riparazione agli infissi della caserma del borgo. Il preventivo di spesa, redatto il 26 ottobre 1966, ammonta a 39.000Lire e comprende la sostituzione e la stuccatura di cinque vetri, la riparazione di sei porte e la sostituzione delle relative maniglie, la riparazione di due portoni esterni e di dieci finestre e relative persiane. Il dicembre successivo, con nota n.69531, l’ESA invia i fondi per permettere le riparazioni in oggetto. La presenza dell’Arma a Borgo Pizzillo, però, dura solo qualche anno: il 25 novembre 1969 l’Ente di Sviluppo Agricolo si vede riconsegnare dal Brigadiere Lorenzo Aloe della Stazione di Contessa Entellina gli spazi della scuola, fino a quel momento destinati a caserma, in base al verbale del 3 giugno 1960 sottoscritto dal Capitano CC Antonino Aveni. I locali, composti dall’aula scolastica, adibita a cucina, tre stanze e gabinetti, si presentano in ottimo stato d’uso e sono dotati di impianto elettrico e idrico funzionante.
Nell’ottobre 1968, Borgo Pizzillo necessita di ulteriori riparazioni. Con nota n.807, il responsabile del Centro Zonale di Corleone Antonino L’Ala trasmette all’ufficio borghi dell’ESA un preventivo di spesa relativo alla tinteggiatura di porte e finestre, alla sostituzione di vetri e alla riparazioni degli infissi nei locali adibiti ad ambulatorio medico e ad alloggio del custode, a chiesa e a scuola. Gli interventi richiesti però non sono sufficienti se con nota n.361 del 6 luglio 1971 si richiede la riparazione e la sostituzione delle porte esterne del borgo ed alcuni lavori di muratura e pittura. Il preventivo di spesa ammonta 1.591.000Lire se «si vogliono ripristinare le condizioni di efficienza del borgo». Segue un fitto scambio di corrispondenza tra la sede distaccata e quella centrale dell’Ente che porta all’esecuzione dei lavori in oggetto.
A causa della morte del custode Sig. Antonino Ferrauto, il 13 ottobre 1969 l’ERAS affida con nota n.1249 al Sig. Antonino Petralia la guardiania di Borgo Pizzillo. In ottemperanza alla nota n.71914/R.A. 6562 del Servizio R.A. “Ufficio Gestione Borghi Rurali” del 20 novembre 1969, in data 25 novembre, Antonino L’Ala procede al conferimento dell’incarico, consegnando a Petralia le chiavi degli edifici della chiesa e della scuola. Con tale accordo, il nuovo custode, già incaricato di presiedere alla manutenzione di Borgo Castagnola, accetta di «adempiere responsabilmente all’espletamento del superiore incarico, dedicandosi alla manutenzione degli edifici e segnalando eventuali inconvenienti».
Il 22 marzo 1988, l’ESA dispone una relazione sullo stato dei centri rurali del comprensorio di Contessa Entellina. Il documento è redatto dal Dr. Angelo Pitrolo e descrive le condizioni poco prima della consegna dei locali. Si legge:

Il Borgo consta di due fabbricati uniti da un piccolo portico. Il primo è destinato a Chiesa con annessa parrocchiale utilizzata come scuola; il secondo costituito da più appartamenti, certamente abitati poichè davanti le porte di ingresso si trovano delle bombole di gas liquido. È probabile che gli assegnatari vi soggiornino soltanto nel periodo estivo. Esiste la cabina elettrica che eroga l'energia alle abitazioni ed al Borgo; questo non è però illuminato in quanto il relativo impianto, privo di manutenzione, non funziona. Tutte le abitazioni, compresa la Chiesa, sembrano in buone condizioni. Si ignora se la Chiesa funziona qualche volta, non avendo rinvenuto sul posto alcuna persona.

Il 20 novembre 1989, l’Ente di Sviluppo Agricolo prende in considerazione la possibilità di avviare la procedura di affidamento della chiesa e dei locali di Borgo Pizzilo e Borgo Castagnola alla Curia Vescovile di Piana degli Albanesi. Infatti, nonostante la legge 890/1942 disponga la cessione ai comuni competenti per territorio degli edifici e degli impianti dei borghi rurali, il Comune di Contessa Entellina non ha ancora avviato alcuna deliberazione a riguardo. Si ritiene,  quindi, «oltremodo giusta la richiesta avanzata» dalla Curia per la «concessione temporanea delle due chiesette e locali annessi perchè possano essere riaperte al culto ed i locali utilizzati per servizi sociali».
In base alla delibera n.903/C.E. del 28 novembre 1989, l’ESA provvede alla consegna dei locali di Borgo Pizzillo e Borgo Castagnola all’Eparchia di Piana degli Albanesi, allora retta da S.E. Mons. Sotir Ferrara. La data fissata è il 29 novembre dell’anno successivo. A formalizzare il passaggio di proprietà è incaricato il Rag. Giuseppe Tessitore, Capo Ufficio Stralcio Borghi Rurali R.A. secondo quanto stabilito dalla nota n.19881 dell’11 luglio e dalla nota n.28308 del 19 ottobre 1990. Nonostante l’occupazione dell’ex scuola da parte di un certo Giacomo Di Benedetto, le operazione di consegna rispettano i tempi e il Vescovo di Piana manifesta «il desiderio di ricevere personalmente la consegna dei locali». L’ente, per la speciale occasione, decide con nota n.1184/S.P. del 24 novembre 1990 di farsi rappresentare dal Capo Servizio Riforma Agraria Dr.Vincenzo Scuderi. In sede di verbale di consegna, però, qualcosa va storto secondo Tessitore che vede «illeggittimamente revocato» l’incarico dal collega che era intervenuto solo per rappresentanza. A parte questo inconveniente, l’affidamento dei locali avviene senza problemi e l’Eparchia a sua volta concederà i locali di Borgo Pizzillo alla piccola comunità Trinità della Pace che in questi decenni ha curato e reso accogliente una struttura che altrimenti avrebbe seguito le sorti degli altri edifici della riforma agraria.
La stessa accoglienza che abbiamo ricevuto dai suoi abitanti con cui ci siamo confrontati, abbiamo discusso idee e pensieri e con cui abbiamo condiviso momenti di curiosità e un pranzo improvvisato.
Borgo Pizzillo, probabilmente grazie al fatto che non abbia mai pienamente soddisfatto le prerogative per cui è stato realizzato e per l’assenza delle case per gli assegnatari, è riuscito a salvarsi, a sfuggire all’abbandono e al degrado che invece ha toccato molti altri borghi che puntellano il paesaggio rurale dell’intera Sicilia.