BORGO REGALMICI

TIPO DI BORGO — villaggio operaio

progettista — Pasquale Prezioso

data di progetto — 1925

località — bocche di cortellazzo

stato di conservazione — pessimo

Borgo Regalmici sorge in una zona che, fin dai tempi della presenza araba in Sicilia, era considerata ricca e prospera. Raxalxacca, casale arabo vicino Castronovo, era un’area piena di fertilissimi terreni, gremita in epoca romana e bizantina di colonie di agricoltori. I vari villaggi, che costituivano una rete, vennero chiamati “casali”, poi scomparsi dopo la cacciata araba del XIII secolo. ll nome Regalmici deriva da un’antica parola araba che si riferisce al casale di Rakalmincer o Rahalmengili o, ancora, Rakalmigere, cui nome significa “casale di molta importanza per la feracità delle terre”, quindi, casale dell’abbondanza. Per queste ragioni, la zona fu contesa per secoli tra le famiglie più importanti della Sicilia. Furono varie le controversie tra i paesi di Cammarata e Castronovo per assicurarsi il territorio che, alla fine, venne riconosciuto a quest’ultimo per una necessità topografica di aggregarlo al comune più vicino e più connesso con le vie di comunicazione. Cammarata, difatti, risulta distante e difficilmente raggiungibile anche a causa del corso del fiume Platani. Nonostante ciò, i Cammaratesi vantavano la proprietà della zona da Antonino Talamanca La Grua (1699 – 1761), Marchese Rakalmici di Palermo. Nel capoluogo siciliano, fu realizzato, per suo volere, ciò che i palermitani conosco ancora come “i quattro canti di campagna” contrapposti a quelli di città entro le mura.
Nel 1927, per far fronte alla politica di bonifica integrale voluta dal governo fascista e teorizzata da Arrigo Serpieri ed ancora prima dell’esperienze attuata dall’O.N.C. nell’Agro Pontino, venne fondato il piccolo villaggio operaio che prende il nome dalla zona in cui si trova. Sul periodo di realizzazione si trovano, invece, fonti contrastanti. Da un lato, un articolo scritto da Angelo Colombo in “Le vie d’Italia” del 1932 (disponibile online) sostiene che Regalmici fu il primo a sorgere anticipando, così, la nascita di Borgo Littorio, indicato dall’autore col nome della zona, cioè contrada Guddemi, allora ricadente in territorio di Mezzojuso ed oggi, invece, in quello di Campofelice di Fitalia [per maggiori informazioni sulle controversie territoriali tra i due paesi clicca QUI]. È possibile supporre che, al momento in cui Colombo scrisse l’articolo, Borgo Littorio non era stato ancora ultimato o quanto meno non gli era stato ancora affidato alcun toponimo. Di contro, Vincenzo Ullo sulle pagine della stessa rivista ma sette anni dopo, nel 1939, indica Borgo Littorio come primo villaggio operaio a sorgere in Sicilia. Analizzando le fonti e i documenti originali, dunque, si può affermare che Ullo abbia indicato correttamente la data di fondazione ma che Colombo abbia attribuito a Regalmici un maggiore valore politico e propagandistico giustificato anche dalla pomposa festa inaugurale. Il programma del Provveditorato era quello di portare a compimento la realizzazione di ben 68 villaggi ma oltre a quelli sorti a Regalmici e in C.da Guddemi si annoverano Borgo Filaga e Borgo Sferro, mentre rimasti in progetto furono i centri di La Collura, La Gabella e Geraci.
Costruito in soli cento giorni dalla ICSIS – Impresa Costruzioni Stradali in Sicilia, la stessa a cui fu commissionata la realizzazione Borgo Littorio, Borgo Regalmici sorge su un pianoro a quota 620 s.l.m. in regione Bocche di Cortellazzo, a poco più di 4km dalla stazione di Valledolmo. Dalle cronache dell’epoca, si legge che l’inaugurazione avvenne il 12 aprile del 1927, come riporta la lapide [Incipit Novus Ordo. Anno V. Borgo Recalmigi], alla presenza di Cosimo Gioia Miceli, podestà di Valledolmo – in epoca fascista la figura che prendeva il posto del sindaco e del consiglio comunale – del Ministro dei Lavori Pubblici Giovanni Giuriati, del “Prefetto di ferro” Cesare Mori, del Provveditore alle Opere Pubbliche Pio Calletti che guidò l’ente per i primi tre anni di vita e alla presenza di vari cittadini dei centri vicini. Il borgo rappresenta lo stile del “Villaggio Tipo” o “Villaggio Modello” indicato già nel 1925 dal Ministero dei Lavori Pubblici. Il centro fu realizzato per i lavori della strada di collegamento tra la stazione di Cammarata posta a 5.160km e quella di Valledolmo a 9.530km. Oggi come allora, le due stazioni, fanno parte rispettivamente della linea Palermo – Agrigento e della Palermo – Catania. Secondo quanto riportato in un articolo dell’11 maggio dalla rivista mensile dell’ASTIS (Associazione Sviluppo Turistico In Sicilia), per la nuova arteria di collegamento furono impiegati più di 400 operai per una spesa complessiva di 5.794.000L. L’opera rientrava in un progetto ben più ampio: dodici strade che avrebbero dovuto coprire 76.559km, con una spesa complessiva di 28.000.000L.  Coevo di Borgo Littorio, Regalmici si differenzia da questo per il maggior numero di fabbricati. Al momento della fondazione, si calcolò che la superficie occupata – comprese strade e piazza – era di circa 6000mq. di cui 1300mq. di superficie coperta. L’impianto urbanistico è caratterizzato da otto strutture esterne, che ne definiscono il perimetro, e da quattro interne “ad L” che creano la tipica piazza ottagonale adornata, in passato, da una fontana centrale fornita di acqua potabile mediante apposita conduttura. I padiglioni in muratura sono di varia grandezza, tutti a singola elevazione e rispecchiano il modello B pubblicato da Dagoberto Ortensi, capaci di ospitare venti famiglie di coltivatori. Alcuni sono stati riverniciati pochi anni fa di un colore giallo-ocra. In un uno di questi, come dice Gianni Pennacchi, “c’è scritto VINO da una parte e TAVERNA dall’altra con la enne all’incontrario, la barra rovesciata dei bambini e dei cosiddetti illetterati”.

Tutto [...], nella campagna, acquista un linguaggio particolarmente semplice e chiaro che non può non riflettersi nell'architettura la quale deve essere semplice e chiara, [...], perché la gente che abiterà queste case e si muoverà fra di esse, dovrà sentirsi [...] in casa propria, in quanto le forme, i colori, lo spirito delle cose, dovranno essere, [...], quelle tra cui è nata e cresciuta

In questo passaggio dell’articolo “La nuova architettura rurale in Sicilia”, scritto da Luigi Epifanio, in seguito progettista per conto dell’Ente di Colonizzazione Sicilano di Borgo Fazio, si può ritrovare lo spirito e l’atmosfera che tutt’ora si respira a Borgo Regalmici. L’architetto monrealese si riferiva, ovviamente, alla prassi costruttiva che avrebbe contraddistinto in seguito le opere rurali della colonizzazione ma la trasposizione al villaggio operaio è piuttosto calzante. Regalmici risulta essere tutt’oggi in una posizione centrale rispetto ad una vasta area che comprende i paesi di Alia, Valledolmo, Vallelunga, Villalba, Mussomeli, Acquaviva Platani, Cammarata, S. G. Gemini, Castronovo e Lercara Friddi. Questa sua particolarità, portò l’Istituto Vittorio Emanuele III per il Bonificamento della Sicilia a prevedere una possibile riconversione per uno di quegli “infelicissimi villaggi tipo Ministero LL.PP” come lo stesso Guido Mangano li definisce.
Nella cartina riportata, si può notare come la posizione del borgo sia al centro di un’immaginaria poligonale ai cui vertici si trovano i paesi precedentemente citati. A poca distanza da Borgo Regalmici è rappresentato quello che sarebbe dovuto essere il primo “centro rurale” della Sicilia: Poggio Benito. Di questo, però, rimane solo il voto del CTA del Provveditorato alle Opere Pubbliche con adunanza del 6 Dicembre 1937 dove si indicava l’esatta posizione e il numero di strutture e servizi da realizzarsi. Secondo quanto indicato da Mangano nel testo “Centri Rurali” del 1937, era necessario, per favorire l’insediamento stabile sul territorio, la costruzione di centri che potessero offrire servizi basilari come la chiesa, la scuola e “qualsiasi altra manifestazione di vita civile”. Oltre che per queste ragioni, la posizione di Borgo Regalmici risulta essere strategica  anche per la prossimità con la Valle del Tumarrano e con l’azienda sperimentale di Sparacìa. Questi elementi danno al Borgo un peso considerevole nell’esperimento colonizzatore del latifondo siciliano attuato da li a breve dall’ECLS. Era possibile, però, avvertire già alcune delle cause del fallimento dell’operazione. Tuttavia, l’11 Novembre 1940 in una nota emanata dal Ministero Agricoltura e Foreste in concerto con il Provveditorato alle Opere Pubbliche della Sicilia si pianificava una serie di opere che l’Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano si proponeva di progettare durante l’esercizio 1941-1942, “per poterle poi eseguire nell’esercizio successivo”. Ai numeri d’ordine 2 e 6, i lavori avrebbero dovuto riguardare rispettivamente “3 sottoborghi sulla strada del Tumarrano” per un importo di 1.350.000Lire e l'”adattamento del Borgo Regalmici al sottoborgo tipo B” per una spesa di 900.000Lire. L’avanzare degli eventi storici e le contingenze bloccarono i lavori e le velleità dell’Ente.
Come fa notare Giovanni Lorenzoni, i borghi sorgevano al centro di aree deserte, senza collegamenti con i grandi centri urbani e con quelli di raccolta e distribuzione dei prodotti  agricoli e la mancanza di un reale piano regolatore efficace condannò spesso i borghi all’abbandono.
Oggi, il villaggio rurale si presenta in un stato di conservazione compromesso dal tempo e dall’incuria: una struttura è crollata mentre in cima alla piccola chiesetta, il campanile in ottime condizioni  fa immaginare l’utilizzo fino a pochi anni fa. Di certo c’è che il 27 Settembre 1987, un comitato di cittadini, il Sac. Liborio Russotto di Cammarata e l’Arc. Onofrio Scaglione di Castronovo invitarono il Cardinale di Palermo Salvatore Pappalardo per una visita pastorale presso la piccola chiesetta di San Vito al centro rurale. Nei manifesti di benvenuto veniva riportato che ad accogliere il prelato sarebbero stati “gli abitanti” del Borgo; dal video, infatti, si nota un nutrito gruppo di persone che fa supporre che almeno fino ai primi anni ’90 le strutture erano ancora abitate e che a Regalmici vi era ancora una vita, seppur minima.
Girando tra le vie del borgo si percepisce un’aria sospesa, dettata dagli oggetti quotidiani all’interno dei caseggiati: mobili, vestiti,  valigie, bottiglie di olio, posate e perfino un calendario che riporta la data del 1994 come a voler sottolineare che da quel momento in poi a Regalmici tutto si è definitivamente fermato, nulla è cambiato nonostante tutto. Non è bastato nemmeno il film “L’uomo delle stelle” del regista Giuseppe Tornatore per restituire interesse e attenzione a questo luogo. Il borgo, infine, sembra rientrare in un progetto della Regione Siciliana che prevede la valorizzazione del patrimonio socioculturale della zona di Regalmici attraverso un museo dei mestieri nei locali della chiesa e la riconversione delle restanti strutture.

Acusticamente Borgo Regalmici possiede una interessante coincidenza nei riguardi di paesaggio visivo e uditivo. Infatti la geofonia del vento, se da un lato rende pressochè impossibile l’esistenza di biofonie, dall’altro lato fa suonare qualsiasi elemento architettonico presente che, come i pezzi di vetro sul bagnasciuga, hanno modulato le loro caratteristiche sulla base di questo agente. Si potrebbe, ipoteticamente e senza esagerare, chiudere gli occhi e sapere esattamente da cosa si è circondati, rendendo particolare il paesaggio sonoro intero del borgo. Come si evince sopra, il vento è la tonica fondamentale di questo paesaggio, affiancata dall’elemento ‘pale eoliche’ non così forte come altri borghi (probabilmente  si può fare un’indagine legata a diverse esposizioni del vento). Segnali principali nell’immaginario acustico sono i legnami: porte, rami secchi, finestre e rispettivi elementi di contorno, come i catenaccia e le giunture. Ad occhi chiusi è impossibile non considerare questi elementi come ‘eventi’ sonori piuttosto che ‘oggetti’, data la loro forte impronta caratteriale che rende di primaria importanza la sorgente.

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