BORGO SCHISINA

TIPO DI BORGO — A

progettista — N. D.

data di progetto — 1951

località — c.da schisina

stato di conservazione — pessimo

Percorrendo la SS 185 di Sella Mandrazzi che collega Novara di Sicilia a Francavilla, si incontra il borgo rurale di Schisina a circa 800 metri di altezza. Inerpicato sulle propaggini orientali dei monti Nebrodi, l’agglomerato fa parte del piano di ripartizione 2 (suddiviso in a-b-c-d) che ricopre una superficie di circa 890ha.
Il piano di trasformazione promosso dall’ERAS prevedeva il risanamento del territorio particolarmente fragile mediante una serie di opere: irreggimentazione delle acque per fermare le erosioni, dissodamento dei terreni permeabili e cosparsi di pietrame di tutte le dimensioni, per trasformarli in terreni utili alla coltivazione. Prima degli interventi, il territorio era caratterizzato da una vegetazione spontanea in gran parte rappresentata dal pero selvatico, dalla quercia, dal rovo, dall’olivastro, dal cardo selvatico e da altre specie appartenenti alla macchia mediterranea. Poche erano le case rurali in cui era assente l’acqua e le strade erano impraticabili. Si potevano trovare solo pochi pagliari, case di legno e frasche, e alcune costruzioni in pitra, adibite dai pastori ad abitazioni, in un quadro di squallore e desolazione del paesaggio.
I terreni appartenevano alla Contessa di Francavilla Maria Luisa Majorca Mortillaro moglie dell’esponente del Partito Popolare Antonino Pecoraro Lombardo, zia di Antonio Canepa e suocera dell’ex Presidente della Regione Siciliana Franco Restivo. Della stessa donna erano i 450ha ceduti all’Ente di Riforma Agraria nella zona di Contessa Entellina dove furono realizzati i borghi residenziali Roccella, Pizzillo, Piano Cavaliere, Cozzo Finocchio e Castagnola.
La riforma agraria nella zona di Francavilla di Sicilia oltre alle opere di carattere idraulico prevedeva il sorgere di sette piccoli borghi, non molto distanti gli uni dagli altri con caratteristiche ben precise e casette rurali per un totale di 160 abitazioni opportunamente collegate mediante la costruzione di strade razionali con ciascuno dei lotti —  con un’estensione media di 4ha. — nei quali venne diviso il latifondo.
Tra i centri rurali, Borgo Schisina o Borgo Antonino Pecoraro — come fu indicato da Anna Maria Sciortino in un suo articolo apparso sulla rivista “Tecnica Agricola” del 1958 — era il maggiore per numero di edifici ed estensione. La progettazione risale certamente al periodo dell’Ente di Colonizzazione del Latifondo, dato che è possibile desumere dalla mappa aggiornata al 30 maggio 1942 in cui veniva riportato come Borgo Francavilla. Tuttavia, gli eventi bellici bloccarono diversi progetti di nuovi centri rurali; alcuni non vennero mai realizzati altri come Schisina e Borgo Manganaro furono, invece, rimandati all’ERAS.
In attuazione della Legge 104/1950, il 19 ottobre 1952 si prepararono i sorteggi per l’assegnazione dei lotti di terreno ai contadini della zona. La manifestazione, accolta con trepidazione e gioia dalla popolazione rurale, si svolse in contemporanea anche nei paesi di Contessa Entellina, Montemaggiore Belsito e Castronovo. Gli agricoltori con le loro famiglie si riversarono nelle piazze dei paesi indossando gli abiti delle feste per celebrare il solenne momento. Alla cerimonia erano presenti il Prefetto di Messina, il Sindaco di Francavilla di Sicilia Boemi e numerose altre autorità. Degno di rilievo è stato il discorso dell’Assessore alle Bonifiche On. Russo, il quale

ha sottolineato [...] che il Governo della Regione ha volito creare in Sicilia la piccola proprietà coltivatrice perchè è convinto che soltanto su queste solide basi potrà determinarsi oltre che un miglioramento del tono sociale dei nostri contadini, un sicuro miglioramento del tono economico, inserendo nell'opera di riforma, al creazione ed il potenziamento della cooperazione agricola

Borgo Schisina fu costruito nel 1954 dall’Impresa Arcovito, consegnato come da contratto il 18 Dicembre 1954 e collaudato tra il 14 e 15 giugno 1956 ed il 12 e 19 luglio 1956. Il centro è da definirsi come borgo esclusivamente di servizio che avrebbe dovuto servire 148 lotti e case dei lavoratori agricoli. Oltre al centro principale furono realizzati i borghi “misti” di tipo C, Morfia (ex Piano Torre I – IV), S. Giovanni, Monastero – Bucceri (incompleto) e Piano Torre II – III accomunati tra loro dalla presenza della chiesa, della scuola rurale e delle case per i contadini. Le restanti costruzioni di Malfitano e Pietrapizzuta furono pensate per la sola residenza delle famiglie coloniche.
Borgo Schisina rispecchia il tipico Borgo A o grande, grazie alla presenza della chiesa e della canonica, della delegazione municipale, dell’ufficio postale, della caserma dei carabinieri, dell’ambulatorio medico, della scuola, delle due botteghe artigiani, degli uffici dell’ente, del forno, della trattoria e rivendita, degli alloggi per gli addetti ai vari servizi e del bevaio. Tra la fase progettuale e realizzativa, però, sembrano esserci state delle modifiche. Difatti, confrontando la veduta assonometrica, riportata nel volume “22 Anni di Bonifica Integrale” edito dell’ERAS nel 1952, con le riprese satellitari si nota come la Stazione dei Carabinieri, inizialmente progettata all’ingresso del Borgo, sia stata successivamente realizzata più a valle tra l’ufficio dell’Ente e la bottega degli artigiani. Inoltre è stata realizzata, forse durante i lavori del 1962, una copertura in cemento davanti al locale che ospitava la Trattoria e la Rivendita.

Dal punto di vista architettonico, il Borgo rappresenta un pregevole esempio di come sia stato possibile sfruttare il declivio del terreno per dare slancio e particolarità al complesso. Adagiato sulla parete di un’altura, Schisina consta di tre livelli che si intersecano tra loro grazie all’uso equilibrato di scale e passaggi che ne caratterizzano la struttura urbana. La strada di accesso, a livello della SS 185, scende verso la piazza dove, dopo una curva a gomito, è presente la chiesa di Maria SS. Regina, eretta agli effetti civili in Parrocchia con D.P.R 27 Aprile 1962, n. 423 e per «decreto dell’Ordinario diocesano di Messina in data 31 maggio 1961, integrato con dichiarazione del 30 novembre 1961».
Da Borgo Schisina è possibile ammirare i monti circostanti, intravedere Borgo Piano Torre e, sullo sfondo, la maestosità dell’Etna. Al livello più basso è stata realizzata la struttura che avrebbe dovuto ospitare la Scuola ma che fu sfruttata solo per un brevissimo periodo. Infatti, i sette borghi di Francavilla non ebbero mai una propria vita ed alcuni addirittura non furono mai abitati. Dai faldoni contenuti presso l’archivio storico ESA di Prizzi, si nota che dieci anni dopo la costruzione, nel 1962, alcuni locali furono soggetti a lavori straordinari per essere adibiti a colonia estiva per i figli dei dipendenti dell’ERAS e, in seguito, dell’ESA in considerazione delle mutate esigenze di riforma agraria dell’area collinare. I lavori, completati nel 1966, hanno visto la trasformazione di scuola, delegazione municipale e caserma in dormitori, dell’ufficio postale in uffici della colonia, della trattoria in refettorio, delle botteghe in alloggi del personale di servizio. Dopo tali lavori non ci sono stati ulteriori interventi pubblici di manutenzione, né risulta che gli edifici siano stati utilizzati per la loro nuova destinazione, se non da gruppi oratoriali nei soli periodi estivi.
Benchè rientri nel progetto di recupero proposto dall’ESA “La via dei borghi”, come fa notare Vincenzo Sapienza [leggi l’articolo completo], Schisina è il simbolo di una politica di insuccessi iniziata alla fine degli anni Quaranta e perpetuata dall’ERAS fino agli anni Cinquanta del Novecento. Infatti, nonostante i fallimenti che derivavano dalla colonizzazione voluta dal governo fascista di trasferire la residenza del contadino dal paese alla campagna, il nuovo ente che si sarebbe dovuto occupare di dare slancio all’economia rurale siciliana ha, invece, attuato una filosofia in netto contrasto con ciò che stava avvenendo nel resto del mondo: il boom economico e la meccanizzazione dei lavori agricoli. La conseguenza di tutto ciò è che oggi, benchè le strutture non versino in condizioni particolarmente disastrose, Schisina e gli altri borghi rurali del messinese sembrano costretti all’oblio e alla noncuranza dei soliti giocatori di soft-air.

Borgo Schisina, come detto, non ha avuto lunga vita come centro di servizio ma è stato scelto come set da due geniali registi italiani: Michelangelo Antonioni e Roberto Rossellini. Il primo ha girato qui alcune scene de “L’Avventura” con Monica Vitti. Il secondo, invece, in “Idea di un’isola” dedica ai villaggi di Francavilla alcune riprese che testimoniano l’abbandono degli edifici pochi anni dopo la loro realizzazione.

Da un punto di vista sonico, Borgo Schisina presenta un panorama coerente al paesaggio visivo. La collocazione tra la SS 185 da un lato e l’ampia vallata dall’altro lato, infatti, rendono definiti due sonotipi: il primo, intermittente, ha come soggetto principale l’antropofonia derivante dalle vetture di passaggio che attraversano i Nebrodi; il secondo, costante, è sostanzialmente basato sulla biofonia dei canti degli uccelli e sulla geofonia del vento che muove le fronde.
Internamente al borgo, il nostro ascolto ha risentito delle giornate in cui abbiamo esplorato le strutture. L’umidità e le precedenti piogge hanno infatti passato le mura e i tetti, rendendo ogni casa una scatola armonica in cui le gocce risuonano con il loro ritmo incostante. Ogni edificio, da questo punto di vista, grazie a questa particolare immagine sonora, ha un suo ritmo definito, sia nel tempo che nel materiale sonoro presente che testimonia le diverse dimensioni, materiali e degrado. A questa particolarità, si aggiunge l’interessante collocazione delle prime abitazioni del viale che sono diventate degli incantevoli luoghi di ascolto per l’esterno. Qui, quando il vento è presente – e spesso vista la collocazione lo è, in particolare le correnti che provengono dalla vallata –  è possibile ascoltare la presenza di diversi arbusti mescolarsi con il ritmo delle gocce, completando l’immagine sonora con una complementarietà interno-esterno, aumentata dai diversi riverberi prodotti dalle differenti distanze.
Scendendo per il viale principale si rimane incantati dal suono del boschetto che anticipa il belvedere della piazza. Qui, differenti specie di uccelli propongono un ascolto di figura molto intenso, laddove lo sfondo, con il passaggio delle macchine e di tanto in tanto qualche campanaccio, si rarefà definendo all’udito le distanze del paesaggio sonoro.
Fermarsi al belvedere, infine, è un’esperienza interessante anche acusticamente. Infatti, il vento che muove gli alberi, spesso si ferma e, nel silenzio della vicinanza, è possibile fare attenzione a quella lontana galassia di suoni di cui è composta la vallata. Aprendo gli occhi, in fondo, è chiaramente visibile l’Etna.