BORGO PASQUALE

TIPO DI BORGO — c

progettista — Luigi Panico

data di progetto — 1953

località — c.da pasquale

stato di conservazione — rudere

Borgo Pasquale fa parte delle opere pubbliche di bonifica comprese nel piano di trasformazione integrale del bacino imbrifero del Torrente Tumarrano (8.630ha) progettate dall’Ente di Riforma Agraria per la Sicilia (ERAS) e dal Consorzio di Bonifica delle Valli del Platani e del Tumarrano. I due enti si occuparano a diverso titolo dei già citati Borgo Ficuzza, Cugno Lungo, Montoni Nuovo (ERAS), del completamento di Borgo Callea (ECLS-ERAS) e di alcuni lavori riguardanti la nuova Azienda Sperimentale Sparacia. Un intervento consistente lo apportò anche la Cassa per il Mezzogiorno che nel testo sui dodici anni di attività 1950 – 1962 riportava:

Nei programmi della « Cassa » figurava il riordino dei cinque borghi rurali dei quali era stata iniziata la costruzione dall'Ente per la colonizzazione del latifondo siciliano. Successivamente si è vista l’opportunità di limitare tali lavori ai due borghi principali (Callea e Pasquale) che hanno una loro funzionalità sia per ubicazione che per la presenza in loco di numerose famiglie di agricoltori. Rimangono ancora da realizzare, per il definitivo completamento delle opere pubbliche, l’acquedotto rurale e l’elettrodotto per un importo di circa 35 milioni

Il progetto del 31 Maggio 1952 porta la firma dell’Ing. Luigi Panico che dirigeva all’ora l’Ufficio Tecnico Gestione Borghi. Dalla planimetria si può dedurre che, rispetto alle scelte iniziali, la fondazione di Borgo Pasquale fu spostata di qualche centinaio di metri. Difatti, stando alla prima relazione, il piccolo centro rurale sarebbe dovuto sorgere “a monte della strada di bonifica Cammarata – Vallelunga, e precisamente nell’ultimo tratto confinante con il corso del Tumarrano”. Oggi, invece, la struttura si trova a ridosso  della SP26. Non era raro, infatti, che dal progetto su carta alla realizzazione di un Borgo venissero fatte modifiche alla posizione. Uno dei casi più eccellenti riguarda Borgo Schirò: dai documenti originali conservati in archivio, si legge che “essendo venuti a conoscenza che il proprietario del tenimento Patrìa non ha la tessera e non è in odore di santità dal punto di vista del Partito” fu necessario modificare l’ubicazione per evitare la “notevole stonatura” che sarebbe scaturita durante la cerimonia di inaugurazione che avvenne alla presenza del Segretario del PNF. Ecco perchè oggi abbiamo diverse planimetrie e progetti del Borgo palermitano.
Anche nel caso di Borgo Pasquale, i proprietari dell’area da espropriare originariamente si opposero e così, dall’iniziale posizione sull’ex Feudo Pasquale, si optò per la vicina Contrada Casabella. Ciò fu possibile grazie alla disponibilità manifestata dal Sig. Antonino Vaccaro, proprietario delle terre e di cui avremo modo di leggere in seguito.
Borgo Pasquale, indicato come ridotto o di tipo C, “comprende due fabbricati, collegati da un portico in guisa da costituire un unico armonico complesso” a poca distanza dal Vallone Zoffi. La superficie totale coperta è di 8800mq “dei quali 1700mq circa verranno occupati dalla piazza, dalle stradelle interne e dai fabbricati, e 7100mq circa sono destinati a verde, a zone di rispetto e, principalmente, ad orti familiari da assegnare ai borghiggiani”. Per borghiggiani si intendono, in questo caso, le varie famiglie che vivevano già la zona; infatti, va sottolineato come la struttura si trovi in un’area in cui non erano previsti Piani di Ripartizione ma in cui esiste tutt’oggi una forte vocazione agricola.
Dalle scelte progettuali “improntate a concetti di economia e semplicità”, si può supporre che l’Ing. Panico si sia rifatto al volume “Centri Rurali” del 1937, data la somiglianza della Chiesa con quella proposta per il fabbricato religioso di un centro piccolo riportato nel testo di Mangano. Inoltre, la volontà di creare un collegamento tramite un porticato a quattro archi ricorda i motivi costruttivi dei sottoborghi della colonizzazione fascista. Su tutti, il richiamo a quello in località Landro (Resuttano), progettato dall’ECLS e che avrebbe dovuto servire la zona di influenza di Borgo Ingrao, centro di tipo grande – mai costruito – di cui rimangono oggi solo le case coloniche sparse sul territorio, sottoposto al Consorzio di Bonifica Cuti – Ciolino – Monaco – S. Nicola.
Il complesso di Borgo Pasquale avrebbe accolto “alcuni dei più importanti servizi civili”: così è presente la Chiesa a cui era collegata la sala per le lezioni di catechismo, la sacrestia e i servizi, la Scuola con l’alloggio per l’insegnante, la segreteria e “i servizi igienici distinti nei due gruppi per maschi e femmine”. A completare le attività necessarie a servizio della popolazione agricola è l’ambulatorio con una sala per le visite mediche e l’alloggio del custode, organizzato per accogliere e garantire la vita dell’impiegato. Nella relazione, infine, trova spazio un appunto dedicato agli ambienti comuni destinati “a villetta” e “attribuiti in parte alla Chiesa ed alla Scuola […] ed in parte all’insegnante ed al custode”.

L’importo complessivo dell’opera ammontava a 28.340.000Lire – 17.980.000Lire a base d’asta – e avrebbe compreso tra le altre cose, anche l’arredamento dei locali, l’allacciamento elettrico, l’alberatura, le recinzioni, l’assistenza vittuaria, la rete idrica e la fognatura. La Cassa del Mezzogiorno che investiva una percentuale dell’87,50% sull’opera – come da Art. 7 del Regio Decreto 13 febbraio 1933, n. 215 “Nuove norme per la Bonifica Integrale”, che venne attuato anche per Sparacia – fissò entro e non oltre il 16 Gennaio 1955 il completamento dei lavori che furono affidati all’Impresa Fabbrizi Goffredo tramite una licitazione privata indetta con deliberazione n.185 del 3 Gennaio 1953 dall’ERAS, dopo aver ottenuto i necessari permessi dalla CASSMEZ, grazie alla delibera del 23 Dicembre 1952\prot. n.94754. Con il provvedimento n.855 del 24 Maggio 1953, l’ERAS per conto della Cassa consegnava il 16 Gennaio 1954 i lavori per la realizzazione del Borgo alla ditta di costruzioni che “venivano arbitrariamente sospesi […] nel Dicembre 1954”.
Il 23 Aprile 1956, con nota n.2/16347 la Cassa approvava la “perizia maggiore spesa per espropri” rispetto a quella ammessa in concessione per il “pagamento delle indennità di espropriazione e di occupazione temporanea ai propietari dei terreni” coinvolti nell’esecuzione dei lavori per il Borgo. La cifra ammontava a 65.967Lire e sarebbe stata coperta dalla somma di 899.000Lire indicata al capitolo “imprevisti” del provvedimento di concessione n.855/3 del 7 Aprile 1954.
Ormai andati oltre i tempi tecnici richiesti, l’ERAS, “autorizzato con provvedimento n2/3316 del 26 Aprile 1957 dalla Cassa per il Mezzogiorno”, decise di rescindere il contratto con la ditta edile e, a causa del mancato finanziamento da parte del Consorzio del Tumarrano per il completamento del centro rurale, fu costretto a predisporre dei lavori “relativi alla murature di tutte le aperture degli edifici già costruiti onde evitare il danneggiamento dei medesimi e l’asportazione dei materiali da costruzione posti in opera”. Questo è quanto veniva riportato al Presidente dell’Ente il 4 Gennaio 1962 con nota n.9065 dal Capo Servizio dell’Uff. Gestione Borghi Rurali Dr. Ugo Minneci e confermato il 18 Gennaio con nota n.4669 in cui veniva anche denunciata la spesa di Lire161.474 come da preventivo. Spesso accadeva, però, che le risorse pianificate non venivano rispettate: nella nota n.254 dell’11 Settembre 1962 si legge che l’ammontare era arrivato a Lire292.164 da “accreditare al Sig. Dongarrà Vito”, lo stesso che si preoccuperà di trovare un locale più adeguato alla scuola rurale.
Provvedere alla chiusura delle finestre era ricorrente preoccupazione dell’Ente, come si legge nella nota n.73695 del 22 Settembre 1961, dato che Borgo Pasquale era diventato “meta di abusivi occupanti che ne fanno l’uso che meglio credono”. Spesso, difatti, gli allevatori della zona utilizzavano la struttura come “dimora” per gli animali, compromenttendo lo stato stesso dei locali. Se da un lato le stanze erano abusivamente occupate, c’era chi invece, dall’altro, avanzava formale richiesta “per poter disporre […] dei locali del Borgo Pasquale già adibiti a scuola”. Così fece l’insegnante Gina Catalano, attraverso il preposto impiegato dell’Ente Dott. Walter Raineri, alla Direzione Generale Uff. Borghi il 5 Settembre 1961. La risposta non tardò ad arrivare e con telegramma n.8633 del 15 Settembre, l’ERAS rendeva noto che era “impossibile concedere autorizzazione at apertura scuola sussidiaria […] causa situazione igienica locali stop potrebbe concedere autorizzazione per istituire detta scuola at borgo callea stop”. Il 19 Settembre con nota n.1527, si interessava al caso anche la Direttrice Didattica Dott. Irene Gerardi che rendeva nota la possibilità di poter usufruire di “due stanzette, di proprietà dell’ERAS, attigue alla casa Schiacchitano” dato che “al Borgo Tumarrano (Callea, n.d.r.) non è possibile aprire una scuola sussidiaria data l’esistenza d’una scuola statale”. La missiva si concludeva con l’esortazione di voler attribuire i locali alla Sig.na Catalano Gina –  “creatura molto infelice” – attraverso una comunicazione ufficiale e non tramite telegramma che “non sarebbe valido ai fini delle attuali disposizioni”. Come abbiamo detto in precedenza, però, i piani per Borgo Pasquale erano diversi: non vi era infatti una progettualità ma una messa in sicurezza per evitare occupazioni abusive o ricoveri non concordati di animali o persone.
Per lungo tempo, Borgo Pasquale ha vissuto una fase di abbandono e oblio finchè il 13 Agosto 1965, l’ERAS ricevette da Giuseppe Genco, mezzadro di Cammarata e possidente di un terreno limitrofo all’area del piccolo centro rurale, una richiesta per usufruire a “scopo abitazione e a titolo provvisorio una o due camerette piano terra dello stesso Borgo”. In cambio, il Genco si sarebbe offerto di tenerlo pulito e funzionante, “dando un aspetto ben diverso di quello che nello stato attuale si trova”. Dall’ERAS venne prodotto solo un resoconto informativo il 27 Agosto 1965 e null’altro. Così, spinto dalla necessità di trovare un alloggio adeguato per se e per la propria famiglia, Genco il 16 Settembre scrisse nuovamente una lettera in cui sollecitava una risposta per preparare, qualora fosse stato possibile, l’intero locale. Finalmente, gli Uffici Assistenza Assegnatari di S. Giovanni Gemini con nota n. 498/28o valutarono positivamente l’offerta, accertatisi che “da un abboccamento avuto con l’interessato, […] sarebbe disposto a corrispondere un eventuale piccolissimo canone”. In riscontro a quanto indicato dalla nota precedente, gli uffici centrali ERAS di Palermo con nota n.6118 del 29 Settembre invitarono la sezione agrigentina dell’Ente ad “indicare specificatamente quali locali del borgo […] possono essere ceduti al richiedente”. Inoltre, si doveva stabilire un “canone d’affitto annuo secondo i prezzi esistenti nella zona, che dovrà essere preventivamente accettato per iscritto dal richiedente e autorizzato successivamente dall’Ufficio scrivente [uff. gestione borghi rurali, n.d.r.]”.
Pochi mesi dopo le richieste di Genco, di cui non abbiamo altre tracce in archivio, venne avviata una pratica per l’affitto dei locali al Sig. Vaccaro Antonino. Secondo la nota n.13874 del 3 Dicembre 1965, questi versò Lire72.800 (comprensive di I.G.E) “quale pagamento del canone annuo per l’eventuale concessione in uso provvisorio di alcuni locali del Borgo”. In attesa di un riscontro positivo da parte dell’Amministrazione, la somma, depositata “con vaglia del Banco di Sicilia numero 3869734 del 9/11/1965, sarà tenuta in sospeso”. I tempi burocratici si allungarono notevolmente a causa del cambio di amministrazione:  era entrata in vigore, difatti, la Legge 21/1965 che trasformava sulla carta l’ERAS in ESA – Ente Sviluppo Agricolo. Il 7 Marzo 1966 l’Ufficio Gestione Borghi chiese al Servizio Ragioneria e Contabilità di “tenere ancora in sospeso, a titolo cautelativo, la somma di Lire72.800 rimessa al Sig. Vaccaro”. L’Ente, infatti, doveva approntare nuovamente “tutti gli atti relativi a detta concessione”.
La contesa dei locali di Borgo Pasquale tra il Genco ed il Vaccaro venne riassunta con precisione dall’allora Capo Servizio Dr. Ugo Minneci, il 14 Giugno 1966 nella nota n.14450 “Promemoria per il Sig. Presidente”. Qui è possibile capire perchè l’Ente preferì il Vaccaro: sembra, infatti, che il Genco avesse accettato di corrispondere un canone annuo di Lire60.000 ma, al momento di versare la prima rata, non onorò la spesa. La scelta inevitabilemente ricadde sul Vaccaro che, non solo avrebbe garantito un introito maggiore, ma che pagò il canone richiesto nei tempi prestabiliti.
Il 6 Luglio del 1966 con nota n.34378, l’Ufficio Gestione Borghi richiedeva al Centro Assistenza Assegnatari di S. G. Gemini di verificare se “le Cooperative tra assegnatari di R.A. o tra contadini o tra coltivatori diretti della zona intandano servirsi dei locali del borgo per lo svolgimento della loro attività in modo da poter essere certi con sicurezza della disponibilità dei locali richiesti”. È da ricordare che i borghi sottostavano alla Legge 890/1942 secondo cui, una volta passati dall’Ente ai Comuni di competenza territoriale, questi avrebbero dovuto rispettare il “vincolo della destinazione perpetua ad uso di pubblica utilità” (art.1). Il caso di Borgo Pasquale risulta, perciò, anomalo: si pianificava di concedere ad un privato per fini individuali, gli spazi di una struttura utilizzabile dalla comunità.
Il 21 Luglio 1966, con deliberazione n.720 il Consiglio di Amministrazione dell’ESA approvava “di concedere in uso provvisorio al Sig. Vaccaro Antonino di S. Giovanni Gemini, i locali del borgo di tipo C “Pasquale” (Cammarata – Agrigento)” e “di stipulare con l’interessato apposita convenzione dove saranno fissate le modalità della concessione”. Così, l’istanza permettava al Vaccaro di adibire Borgo Pasquale  “ad abitazione in quanto piccolo proprietario di un appezzamento di terreno limitrofo al borgo, impegnandosi a rendere ben puliti e funzionanti” i vari locali a proprie spese, “sgravando l’Ente di ogni eventuale responsabilità per danni alle persone ed alle cose che ne potessero derivare in conseguenza delle opere murarie rimaste incomplete”. Nella stessa seduta, il CDA aveva anche delibereato di “disdire in qualsiasi momento l’affitto dei locali mediante preavviso di un mese”. Il 26 Agosto 1966 la nota n.14729 decretava la concessione in uso provvisorio dei locali di Borgo Pasquale al Sig. Vaccaro e quelli per un appartamento al Sig. Savalli Francesco per Borgo Badia [TP].

Il 2 Maggio 1967 il Presidente dell’ESA Dr. Angelo Ganazzoli richiedeva alla Cassa un ulteriore finanziamento per il completamento delle “opere esterne della rete idrica, fognature, sistemazioni stradali e zone adiacenti” sia per Borgo Callea che per Borgo Pasquale, nonostante la situazione del Borgo era alquanto particolare. L’importo complessivo per tali lavori si aggirava all’incirca a Lire110.000.000 suddivisi in 80.000.000Lire per il primo centro e 30.000.000Lire per il secondo. I lavori non durarono molto e la situazione fu descritta il 16 Settembre 1967 dagli Uffici di S. Giovanni Gemini che con nota n.543 denunciavano che “persone ignote hanno abbattuto pressocchè tutte le tamponature eseguite a suo tempo nel Borgo Pasquale. Gravi danni sono stati arrecati anche ad alcune pareti divisorie interne ridotte in condizioni talmente pericolanti che potrebbero crollare da un momento all’altro anche in seguito ad un ennesimo assestamento dell’intero complesso”. Il Dott. Walter Raineri del Centro Assistenza Assegnatari conclude la sua missiva con il consiglio di “abbattere le strutture pericolanti” per cui non sarebbe stata necessaria alcuna spesa anzichè perseguire la strada più antieconomica di “ripristinare le tamponature”.
Nonostante lo stesso dirigente fosse a conoscenza dell’instabilità rilevata dalla perizia del Settembre 1967 ed esortato dal Capo Servizio Dr. Luigi Vassallo a verificare le condizioni abitative dei locali, il 20 Ottobre inviava la nota n.716 agli Uffici Provinciali dell’ESA di Agrigento. La stessa informativa fu spedita anche agli uffici centrali dell’Ente a Palermo dato che “le offerte per i locali da cedere in concessione nei borghi” non potevano essere approvate da sezioni distaccate, come espressamente indicato nella nota n.83003 dell’11 Dicembre 1967. Nella nota n.716, quindi, si valutava l’affitto dei locali della Chiesa e della Canonica alla Sig. Carmela Vaccaro per un canone pattuito di 30.000Lire, offerta congrua “date le condizioni pietose in cui versa l’intero edificio”. Il Raineri riteneva che “la cessione dei locali al richiedente dovrebbe porre fine ai continui atti di vandalismo da parte di ignoti” grazie alla custodia del Borgo. Il blocco della pratica, però, giunse dal Dr. Luigi Vassallo che con nota n. 126 del 9 Febbraio 1968, ricordava che i borghi costruiti non prevedevano fini privati e “che gli eventuali locatari sono affittuari di azienda privata”; pertanto, “il sottoscritto esprime parere sfavorevole all’accoglimento dell’istanza”. Un ulteriore veto sopraggiunse il 18 Aprile 1968 quando l’Uff. Gestione Borghi comunicò che “a seguito delle disposizioni assessoriali, l’Ente sta procedendo alla consegna del borgo al Comune pertinente per territorio e, pertanto, non può prendere in esame la richiesta di che trattasi”.
Tuttavia, l’ESA stilò un contratto tra l’Ente stesso e il Sig. Vaccaro dove venivano riportati in dieci articoli i diritti e i doveri che il mezzadro si sarebbe assunto una volta preso possesso dei locali del Borgo. Questo documento, però, non rimase che una bozza, poichè nessuna delle parti coinvolto lo firmò mai.
Il 17 Marzo 1969, esattamente un anno dopo la decisione del Dr. Vassallo, il Dott. Walter Raineri del Centro Zonale di S. G. Gemini – Cammarata inviò alla sede palermitana dell’Ente, la nota n.165/28/O a cui era allegata “l’istanza avanzata dal Sig. Vaccaro, tendente ad ottenere la concessione in affitto del Borgo Pasquale”. Ancora una volta si richiedeva “la necessità di disporre alcuni locali per le esigenze aziendali […], impegandosi a tenerli in perfetto stato di abitabilità”.
La relazione redatta il 20 Maggio 1969 dal Geom. Rodolfo Farulla accertava lo stato di abbandono di tutto il fabbricato, privo di aperture interne ed esterne, dove i tramezzi dei vari vani, in parte caduti, presentavano delle lesioni con pericoli all’incolumità di chi entrava. Si legge, ancora, che “la copertura, a terrazzo, presenta internamente delle macchie di umidità, segno evidente di infiltrazioni di acque piovane”. Da queste considerazioni, nonostante la speranza di riconvertire il Borgo in un luogo di attività agrarie, era chiaro che i locali erano inabitabili. A confermare ciò, la nota n.3021/sa1037/44 del 3 Ottobre 1969 in cui il Capo Ufficio Dr. Nicolò Allegra decretava definitivamente la chiusura della richiesta più volte avanzata dal Sig. Vaccaro.
L’unico progetto che sembrò essere adatto per un reale rilancio di Borgo Pasquale fu proposto dalla Cooperativa Zootecnica Tumarrano. Il 23 Novembre 1971, il Presidente della cooperativa Dott. Ignazio Gagliano scrisse un’accurata relazione in cui si chiedeva la concessione dei locali per utilizzarli come Centro Servizi. Si sarebbero svolte attività di ordine produttivo e commerciale. I primi avrebbero riguardato “l’approntamento di magimi concentrati, l’approntamento di mangimi concentrati, l’approvigionamento e lo stoccaggio di concimi chimici e la realizzazione di una stazione di monta bovina”. I servizi commerciali, invece, avrebbero riguardato “la costituzione di un mercato boario e di un deposito di per la conservazione e relativa commercializzazione del latte”. La posizione di Borgo Pasquale, inoltre, sarebbe stata ideale grazie alla vicinanza con quattro importanti arterie e con le province di Palermo, Caltanissetta e Agrigento. Era stato perfino realizzato un progetto per la costruzione ex novo di un campo boario da costruirsi grazie ai fondo messi a disposizione dalla Cassa per il Mezzogiorno. Nonostante il reale valore comunitario della richiesta, la Cooperativa non ricevette alcuna risposta ed anche questa opportunità di recupero sfumò.
Il 30 Agosto 1973, benchè erano state avviate le pratiche per la cessione, Rosolino Di Baudo di Valledolmo inviò una formale richiesta per la concessione di Borgo Pasquale. Egli proponeva all’ESA un contratto a lungo termine per custodire all’interno dei locali “delle macchine per la trasformazione di prodotto agricoli” di sua proprietà.
Il 2 Novembre 1984, il Sig. Vaccaro – più volte incontrato nelle vicende legate a Borgo Pasquale – inviò una lettera al Presidente dell’ESA per richiedere che la terra, inizialmente espropriatagli per la costruzione del centro rurale, gli venisse restituita “venuto meno il fine di pubblica utilità non essendo stata completata la realizzazione del progetto”. Lo stesso Capo Servizio Dr. Luigi Vassallo era consapevole che “non tutti [i borghi] possono esssere utilizzati per i fini per i quali sono stati costruiti, ma che per ognugno di essi si deve cercare l’impiego più idoneo onde evitare che sì imponente patrimonio vada perduto per mancata utilizzazione”. Da queste considerazioni, Vassallo era favorevole ad accogliere le istanze presentate nel corso del tempo dal Sig. Vaccaro, “in attesa che si pervenga alla definitiva cessione dei borghi ai Comuni”.
Il 30 Maggio 1994 con nota n.9936/227/RA., l’ESA sollecitava il Comune di Cammarata di “predisporre gli atti necessari all’acquisizione, di detto borgo rurale, così come disposto dalla legge” n.890 dell’8 Giugno 1942. La richiesta, però, sembra non esser mai arrivata ai funzionari del piccolo paese siciliano se all’8 Novembre 1995, Borgo Pasquale risultava non essere stato ancora consegnato. A quella data anche Borgo Lupo, Bonsignore, Vicaretto, Petilia, Baccarato, Borzellino, Giuliano, La Loggia e Schirò risultano ancora dell’Ente di Sviluppo Agricolo.
Il 23 Novembre 1996, in seguito alla nota n.22571 del 29 Agosto 1996, venne redatta la nota n.2083 dalla sede provinciale di Agrigento che inviava all’ESA di Palermo una relazione sullo stato di Borgo Bonsignore e di Borgo Pasquale, ricadenti entrambi nella provincia agrigentina e nella disponibilità dell’Ente regionale. Se per il primo, i problemi riscontrati erano legati principalmente all’occupazione abusiva dei locali, per il secondo la situazione risultava molto più delicata. Si legge che la chiesa “in stato di totale abbandono da molti anni, risulta estremamente degradata nelle sue strutture portanti e in alcune parti demolita: risulta, inoltre, priva di tutti gli infissi interni ed esterni mentre la tramezzatura interna risulta in più punti demolita e pericolante”. La conclusione della relazione, stilata dal dirigente Dott. Antonino Barbera, indicava come necessari i lavori di “consolidamento a tutte le strutture nonchè il rifacimento di tutte le opere interne ed esterne”. Successivamente, il 24 Dicembre 1996 il Servizio Fondiario – Ufficio Stralcio Borghi Rurali con nota n.935/9F rispondendo alla nota n.22571, invitava gli uffici competenti dell’Ente di Agrigento a “eliminare le situazioni di pericolo evidenziate dall’Ing. Pennavaria […], sia mediante l’intervento diretto dell’ESA […], sia mediante le opportune richieste dei provvedimenti di urgenza al Sindaco del Comune competente, per lo sgombero dei locali occupati abusivamente”.